Roma da scoprire: le case museo

Quando si parla di case museo si è abituati a pensare a musei minori. In una città come Roma, in cui tutti vengono per vedere Galleria Borghese o i Musei Vaticani, queste case sono sicuramente di secondaria importanza, ma proprio questo le mette al riparo da orde di turisti casuali e annoiati.
Ecco una serie di case museo che non conservano grandi capolavori dell’arte, ma sono luoghi curiosi pieni di ricordi, di oggetti bizzarri e divenuti importanti e degni di visita solo in relazione alle personalità che le hanno abitate. Eccone almeno quattro, ma ci sono ancora la casa di Pirandello, di Moravia e di Giacinto Scelsi. 

1. CASA MUSEO MARIO PRAZ
Via Zanardelli Giuseppe, 3
Orari post Covid19: la casa purtroppo non ha più riaperto
Sito: www.facebook.com/MuseoMarioPraz

Che Praz sia poco conosciuto in patria e famoso all’estero è purtroppo ancora vero. La mostra L’ange du bizarre, Le romantisme noir de Goya à Max Ernst  tenutasi al Musée d’Orsay nel 2013, era ispirata proprio ai suoi studi mentre a Roma la sua casa museo è sempre a rischio chiusura.

Praz venne ad abitare a Roma a partire dal 1934, dopo aver passato vari anni in Gran Bretagna. Nel 1931 aveva ottenuto infatti, grazie all’interessamento di Giovanni Gentile, la cattedra di Letteratura Inglese all’Università degli studi di Roma La Sapienza, istituita per la prima volta in Italia proprio per lui. Prese casa in un appartamento nobile a Palazzo Ricci, nella gloriosa via Giulia, la casa descritta in quel libro meraviglioso che è La casa della vita (1958). Nel 1969 si trasferì a Palazzo Primoli, in via Zanardelli, dove visse fino alla morte, avvenuta nel 1982, e dove si trova tutt’oggi il museo.

La casa che visitiamo rispecchia perfettamente l’animo del proprietario, il quale disse: “Questo, e non altro, è, nella sua ragione più profonda, la casa: una proiezione dell’io”. Esperto anglista, critico e saggista, appassionato di temi macabri, letteratura nera, arredamento, studioso del gusto, Praz era anche collezionista di oggetti del periodo tardo neoclassico e inizi ottocento, con una particolare attrazione per le case di bambole e i ritratti in cera. La cera, diceva, è quanto di più simile alla pelle umana: nella sua casa troveremo una pregevole collezione di ritratti di cera, così come altri piccoli oggetti curiosi di scarso valore artistico, ma di grande interesse per la storia del gusto. A questo personaggio Luchino Visconti si è ispirato per la figura del professore per il film Ritratto di famiglia in un interno (1974). 

ALTRO

Ho dedicato due articoli più approfonditi alla visita della casa che potete leggere qui: PRIMA PARTE e SECONDA PARTE.
Nello stesso Palazzo Primoli, al piano sottostante, si trova la FONDAZIONE PRIMOLI.
Se amate il mondo inglese vi consiglio di visitare, a pochi passi da Mario Praz, la LIBRERIA CASCIANELLI , un negozio storico allestito come una bottega delle meraviglie in stile ottocento e ovviamente la CASA MUSEO KEATS & SHELLEY

2. MUSEO HENDRIK ANDERSEN 
Via Pasquale Stanislao Mancini, 20
Orari post Covid19: sabato e domenica 9.30 – 19.30 (solo piano terra)
Sito: www.facebook.com/hendrikchristianandersen

La villetta in stile liberty neo-rinascimentale fu costruita tra il 1922-25, secondo un progetto dello stesso Hendrik Andersen, che volle dedicarla a sua madre Helene. Al piano terra si trova lo studio dell’artista e al primo piano l’abitazione vera e propria, con tanto di terrazza su Roma.
Lo scultore visse per circa quaranta anni in questa casa e alla sua morte, avvenuta nel 1940, la donò alla città di Roma. Villa Helene sul Lungotevere, che costituì il luogo di studio e di creazione dell’artista, oggi è visitabile e ci permette di vedere più di 200 statue, di cui alcune in bronzo e altre in gesso, oltre che i disegni e le pitture di Andreas, il fratello di Hendrik morto prematuramente. 
Sostenuto da sua cognata Olivia Cushing, Hendrik aveva iniziato a lavorare ad un progetto utopistico chiamato “World City”, una città ideale con tanto di Centro Scientifico, Olimpico e Artistico e con al centro la grande Fontana della Vita, per la quale Andersen aveva già iniziato a scolpire molte statue, oggi al museo. 

ALTRO:
Ho dedicato un post approfondito alla Casa Museo di Hendrik Andersen qui. La sua tomba, da lui stesso costruita, si trova al cimitero Acattolico. 

3. MUSEO PIETRO CANONICA
Viale Pietro Canonica, 2
Orari post Covid19: martedì – domenica 13.00 – 19.00 (da ottobre a maggio 10.00 – 16.00)
Sito: www.museocanonica.it

C’è un’altra casa museo di scultore a Roma: Pietro Canonica, di origine piemontese, che scelse la città eterna per trascorrere gli ultimi anni della sua vita. Il piccolo fabbricato che si erge nel mezzo di Villa Borghese è davvero un locus amoenus. Chiuso da alte mura turrite, da cui il nome “Fortezzuola”, racchiude al suo interno un grazioso giardino. L’artista vi si stabilisce nel 1926, quattro anni dopo che si era trasferito a Roma e dopo tanto viaggiare. Qui vivrà e lavorerà fino alla morte, avvenuta nel 1959. Le opere rimaste costituiranno il primo nucleo del museo a lui dedicato. La moglie, scomparsa nel 1987, volle donare al Comune di Roma anche gli arredi dell’appartamento fino ad allora abitato.

Al primo piano sono sistemate le statue: si tratta soprattutto di bozzetti in gesso di opere che oggi si trovano un po’ in tutto il mondo, oltre che in Italia. Ci sono anche sculture in marmo come la statua L’Abisso, forse il suo capolavoro più famoso. Le opere coprono un arco di tempo molto vasto, si va da fine ‘800 agli anni ’50 e si può notare l’evoluzione del suo stile: da uno evidentemente liberty e simbolista ad uno semplificato e quasi stilizzato delle opere del ’58, un anno prima della morte. Sullo stesso piano è collocato, come ultima stanza e preceduto dalla sala Rossa, il bellissimo e luminoso atelier.

ALTRO:
Ho dedicato un post più approfondito alla Casa Museo Pietro Canonica qui

4. CASA MUSEO KEATS & SHELLEY
Piazza di Spagna, 26
Orari post Covid19: martedì -sabato 10:00 -13:00 e 14:00 – 18:00
Sito: ksh.roma.it

Meta degli anglofili, degli amanti del Romanticismo e dell’Ottocento, la casa è un luogo di ricordi, fatta per il ricordo. Qui infatti visse i suoi ultimi mesi di vita e morì il poeta inglese John Keats nel 1821. La sua vita è stata recentemente oggetto del film Bright Star (2009), scritto e diretto da Jane Campion. 

Quando arrivò a Roma, nel novembre del 1820, Keats era reduce dal viaggio lungo e tormentoso che lo aveva condotto da Londra a Napoli. Il poeta era infatti malato di tubercolosi, la malattia di cui era già morto suo fratello Tom e, ancora prima, sua madre. Il soggiorno in un paese caldo poteva essere per lui l’ultima speranza di guarigione. Lo accompagnava il giovane pittore Joseph Severn, poiché non avrebbe potuto affrontare la traversata da solo. A convincerlo a partire, e anche a sostenere le spese del viaggio e della permanenza in Italia, furono gli amici, molto preoccupati per le sue condizioni. Keats infatti non visse a lungo e morì pochi mesi dopo, il 23 febbraio del 1821, a 25 anni. 

Dopo tre giorni il suo corpo fu sepolto nel Cimitero Acattolico e, secondo le leggi pontificie in vigore allora, tutti i suoi oggetti vennero bruciati, compresi i mobili e la carta da parati della sua stanza.
Solo dalla metà dell’800 l’opera di Keats cominciò ad essere riconosciuta e, in particolar modo dall’età vittoriana in poi, la sua poesia cominciò a ricevere l’attenzione che meritava. Così anche la casa in cui morì cominciò a diventare meta di pellegrinaggio e di interesse.  

ALTRO:
Ho dedicato un post approfondito alla Casa Museo Keats & Shelley qui

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Aesthete. Art historian & blogger. Content creator and storyteller. Fond of real and virtual wunderkammer. Founder and main author of rocaille.it.

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