Rocaille Guide: 4 ville rinascimentali vicino Roma

1. Villa Farnese
Piazza Farnese, 1, Caprarola (VT)
Orari e visite: www.polomusealelazio.beniculturali.it

Alla seconda seconda metà del 1500 i Farnese erano una delle famiglie più ricche e facoltose dell’aristocrazia romana. Per rendere un’idea della loro ricchezza basti dire che, negli stessi anni della costruzione della villa a Caprarola, stavano anche costruendo il palazzo di famiglia a Piacenza, i giardini sul Palatino e continuamente arricchendo la loro collezione d’arte, senza contare le proprietà di Palazzo Farnese e la Farnesina a Roma. Paolo III Farnese sarà l’ultimo papa del Rinascimento e uno dei papi mecenati più importanti della storia. Durante il suo pontificato Michelangelo dipinse Il Giudizio Universale, nonché gli affreschi della Cappella Paolina. Suo nipote omonimo, Alessandro Farnese, completerà il progetto lasciato incompiuto dal nonno: la Villa di Caprarola.

I lavori a Caprarola erano iniziati già prima del papato Farnese: il palazzo, infatti, era nato per essere una fortezza militare progettata da Antonio da Sangallo il Giovane. Dopo una trentina d’anni i lavori verranno ripresi grazie all’interessamento del giovane nipote del papa, che affidò il cantiere al Vignola nel 1559. La villa mantenne la forma pentagonale, ma fu divisa in una parte estiva e in una invernale e fu trasformata da fortezza militare a villa di delizia.

Il Vignola creò la famosa Scala Regia, una scala elicoidale completamente affrescata, attraverso la quale, secondo la leggenda, il cardinale vi passava a cavallo per raggiungere il piano nobile. La decorazione pittorica degli interni del palazzo fu la più grande impresa artistica non romana di quegli anni. Il ciclo di affreschi ad opera dei fratelli Zuccari fu progettato da un gruppo di intellettuali della corte di Alessandro Farnese: Annibal Caro, Onofrio Panvinio, Fulvio Orsini e il Sirleto, alcuni di quali sono ritratti anche negli affreschi. Il tema è la celebrazione della grandezza di Casa Farnese e va dalla rappresentazione topografica dei possessi farnesiani al Salone dei Fasti Farnesiani, che raffigura tutti i principali eventi storici aventi come protagonisti i Farnese. Capolavoro assoluto, e stanza più famosa della villa, è la Stanza del Mappamondo: le pareti raffigurano il mondo conosciuto a metà del ‘500; manca infatti l’Australia mentre l’Antartide è erroneamente raffigurato perché confuso con la Terra del Fuoco. 

I Giardini, di vastissima estensione, completano la residenza e si distinguono in bassi, cioè direttamente collegati al palazzo, e alti, oltre il bosco che si snoda attraverso una serie di viali e terrazzamenti fino alla Palazzina del Piacere. La Palazzina è chiusa alle visite del pubblico; fu scelta da Luigi Einaudi come residenza estiva nel settennio della sua Presidenza della Repubblica (1948-1955).

Trovate due articoli con approfondimenti e molte più foto su Villa Farnese qui e qui

 

2.Villa Lante
Via Jacopo Barozzi, 71, Bagnaia (VT)
Orari e visite: polomusealelazio.beniculturali.it

Villa Lante, nel paesino di Bagnaia, non è meno bella della più famosa Villa Farnese, anche se più piccola. Entrambe si trovano vicino Viterbo perché in queste zone i Farnese avevano vasti domini. La villa fu costruita per volere del cardinale Gianfrancesco Gambara, che apparteneva alla loro cerchia, e la scelse come luogo di svaghi e ameno rifugio dagli affari romani.

Il  progetto fu affidato infatti a Jacopo Barozzi detto Il Vignola, che in quegli stessi anni lavorava per i Farnese nel palazzo di famiglia a Piacenza, nei giardini del Palatino e nella vicina Villa di Caprarola.
La villa è composta da due padiglioni gemelli e simmetrici (costruiti da proprietari diversi in differenti periodi) entro un giardino all’italiana con terrazze, fontane e giochi d’acqua. Sono infatti i giardini a costituire la maggiore attrazione e fonte di meraviglia della villa: disposti a gradoni salienti, costituiscono un percorso ascensionale di cui il visitatore non vede la fine, aumentando in questo modo il senso di stupore man mano che si avanza. Per i complessi giochi d’acqua si pensa che fu chiamato appositamente uno speciale architetto idraulico, Tommaso Chiruchi, e che fu consultato anche il grande Pirro Ligorio, già architetto di Villa d’Este e forse del Parco di Bomarzo. 
Stupefacente è anche, nella seconda terrazza, un enorme tavolo di pietra con acqua che scorre al suo centro: serviva per mantenere al fresco cibi e bevande durante picnic e pranzi del cardinal Gambara e i suoi ospiti. 

Villa Lante prese questo nome a partire dal XVII secolo, quando divenne un dominio di Ippolito Lante Montefeltro della Rovere, già proprietario di Villa Lante al Gianicolo a Roma.

Ho scritto un articolo approfondito con più foto su Villa Lante–> qui

 

3. Villa d’Este
Piazza Trento, 5, Tivoli (RM)
Orari e visite: www.villadestetivoli.info

Villa d’Este a Tivoli è un luogo di sogno, cantata anche da d’Annunzio nelle elegie romane. Un’ode all’acqua che qui scorre in abbondanza, proveniendo da tutta la Valle dell’Aniene prima di arrivare a Roma, tanto che già in epoca antica la zona era stata eletta per la costruzione di ville. Villa d’Este è il giardino all’italiana per eccellenza, tanto da essere diventata modello emulato nei giardini europei del manierismo e del barocco e in ultimo inserita nella lista UNESCO del patrimonio mondiale. 

Fu un cardinale a volere questa villa e non un cardinale qualsiasi: Ippolito d’Este (1509 – 1572) era figlio di Lucrezia Borgia e Alfonso I d’Este, Duca di Ferrara, alla cui corte circolavano i più importanti intellettuali e artisti dell’epoca come Pietro Bembo, Ludovico Ariosto, Tiziano, Giovanni Bellini, Dosso Dossi e lo scultore Antonio Lombardo. Ippolito dunque crebbe in un ambiente raffinato e coltissimo, senza contare che sua zia da parte di padre era Isabella d’Este Marchesa di Mantova, altra grande mecenate, e suo zio quel cardinale Ippolito d’Este a cui Ludovico Ariosto dedicò l’Orlando furioso (1516). Fu proprio questo zio a facilitargli la carriera ecclesiastica e il giovane Ippolito, nominato cardinale a 30 anni, fu mandato alla corte francese per lunghi periodi in qualità di consigliere di Francesco I.

Quando ritornò a Roma si circondò di artisti e letterati e, con la nomina a Governatore di Tivoli nel 1550, iniziò il grandioso progetto di una villa di delizie di inusitata magnificenza, in cui dovevano rivivere i fasti delle corti di Ferrara, Roma e Fointanebleau, in diretto confronto con la Roma antica di Villa Adriana. L’incarico fu affidato a Pirro Ligorio, il quale trasformò l’antico monastero annesso alla chiesa di S. Maria Maggiore e progettò i complessi giochi d’acqua. Fu un lavoro grandioso e lungo e quando la villa fu finalmente inaugurata nel 1572, pochi mesi dopo il cardinale morì.

La proprietà rimase agli Este fino alla metà del Seicento; uno di questi, il cardinale Rinaldo d’Este (1641-1672), fece realizzare da Gian Lorenzo Bernini la fontana del Bicchierone e la cascata della fontana dell’Organo. Successivamente la villa e i suoi impianti, passati agli Asburgo, furono lasciati deperire e le collezioni antiquarie furono disperse. Lo stato di degrado proseguì fino a quando il cardinale Gustav Adolf von Hohenlohe-Schillingsfürst, a metà Ottocento, se ne innamorò, la ripristinò e per il resto del secolo (fino alla sua morte nel 1896) la pose di nuovo al centro di intense attività artistico-mondane; uno dei frequentatori affezionati fu Franz Liszt che alla villa si ispirò per alcuni brani delle Années de Pèlerinage (Troisième année: Aux cyprès de la Villa d’Este, Thrénodie IAux cyprès de la Villa d’Este, Thrénodie IILes jeux d’eaux à la Villa d’Este). 

L’ultimo proprietario privato della villa fu l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, erede al trono dell’Impero austro-ungarico, il quale voleva disfarsene, vendendola allo Stato italiano per l’enorme cifra di due milioni di lire dell’epoca. Il governo italiano tergiversò per lungo tempo fino a quando l’arciduca fu assassinato a Sarajevo, il 28 giugno 1914, e la questione liberò l’Italia da quella “noiosa faccenda”. Nel 1918, dopo la prima guerra mondiale, la villa passò allo Stato Italiano che diede inizio ad importanti lavori di restauro, ripristinandola integralmente negli anni 1920-1930 e aprendola al pubblico. Un’altra serie di restauri fu poi eseguita nel secondo dopoguerra per riparare i danni causati da alcune bombe cadute sul complesso durante l’ultimo conflitto mondiale.

  


4. Sacro Bosco di Bomarzo
Località Giardino, Bomarzo (VT)
Orari: 08.30 – 19.00 dal 01/04 al 31/08; 08.30 al tramonto dal 01/09 al 31/03

Anche il Giardino dei Mostri di Bomarzo rientra in questo elenco di ville cinquecentesche, sebbene non abbia nulla a che fare con le altre ville di cui ho parlato fin’ora. La villa del Rinascimento, infatti, ha il suo fulcro nel giardino all’italiana è il trionfo della ragione: un luogo in cui la natura è stata sottomessa dal genio dell’uomo, che addirittura ne ha canalizzato le forze per creare giochi per suo diletto. Il Bosco di Bomarzo, al contrario, è l’antitesi del giardino all’italiana: non ha schemi geometrici, viste scenografiche, giochi l’acqua. Tutto è dispersivo, non trionfa la ragione dell’uomo, ma le sue paure. Bomarzo è un unicum, “sol se stesso e null’altro somiglia” dice un’iscrizione, non segue alcuna tipologia preesiste, né qualcos’altro di simile è stato creato dopo di lui (forse può essere paragonabile solo Villa Palagonia a Bagheria). Anch’esso è frutto del Rinascimento, ma del suo lato oscuro, quello che alla luce della ragione preferisce il notturno.

Il parco dei mostri fu creato dal principe Pier Francesco Orsini, detto Vicino, signore di Bomarzo dal 1542 al 1585. Pare che il principe lo creò “sol per sfogare il core” ovvero per sfogare il dolore causato dalla morte della moglie Giulia Farnese, che avvenne nel 1560. I lavori però, così come riporta un’iscrizione, erano iniziati ben prima, ovvero intorno al 1552, e ancora oggi non è ben chiaro cosa spinse Vicino alla creazione di un parco tanto strano. Nemmeno sul nome dell’architetto, Pirro Ligorio, si hanno certezze, sebbene sia altamente probabile. 

Il giardino è disseminato di statue e architetture bizzarre che possono essere lette dal visitatore illuminato come un percorso filosofico che presenta le tappe dell’amore, della paura, del ricordo e della morte. E’ possibile distinguere riferimenti ai poemi cavallereschi come la “Gerusalemme liberata” di Torquato o l’ “Orlando Furioso” di Ludovico Ariosto. Alcuni studiosi hanno visto in Bomarzo molti riferimenti all’Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, un libro allegorico del 1499 famoso tra gli umanisti di epoca rinascimentale. Ancora oggi il significato del giardino rimane criptico e molti storici tra cui Hans Bredekamp, Mario Praz e Bruno Zevi hanno tentato di dare varie interpretazioni, non ultima quella di un percorso alchemico, secondo la teoria di Maurizio Calvesi.

Il mistero che emana il giardino ha attratto in epoca moderna artisti, in particolare i surrealisti, tra i quali Jean Cocteau e Salvador Dalì, che visitò il parco nel 1938, fece alcuni filmati e se ne servì come ispirazione per il dipinto “The Temptation of Saint Anthony”. Lo scrittore André Pieyre de Mandiargues scrisse un saggio su Bomarzo.
Il parco fu modello per il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle e per la Scarzuola di Tommaso Buzzi

Ho dedicato un articolo al Bosco di Bomarzo qui

 

5. Altre Ville 

In questo blog ho parlato spesso di ville rinascimentali e non.
Per rimanere nel Lazio: il parco di Villa Aldobrandini a Frascati molto riprende del Parco dei Mostri di Bomarzo; ad Ariccia invece c’è Villa Chigi, importante soprattutto per gli interni, e in cui Visconti girò alcune scene del film Il Gattopardo; a Bassano Romano c’è Palazzo Giustiniani-Odescalchi, dove Fellini girò una scena de La Dolce Vita
Altra grande villa con stupendi giochi d’acqua è Villa Caprile a Pesaro, di cui ho parlato qui

VILLA FARNESE:

VILLA LANTE:

VILLA D’ESTE:

PARCO DEI MOSTRI di BOMARZO:


Aesthete. Art historian & blogger. Content creator and storyteller. Fond of real and virtual wunderkammer. Founder and main author of rocaille.it.

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