Palazzo Giustiniani-Odescalchi a Bassano Romano

Dove: Piazza Umberto I, Bassano Romano (VT)
Orari: su appuntamento martedì, sabato mattina; giovedì pomeriggio 
Contatti: 0761 636025

In Italia ogni paese, anche il più piccolo, ha la sua piazza, la sua chiesa e il suo palazzo nobiliare. A Bassano Romano questi tre elementi si fondono, creando uno degli scorci più suggestivi della provincia e lasciando, a chi per la prima volta sale la rampa che da via Roma porta a Piazza Umberto I, quel senso di meraviglia che si ha di fronte alla bellezza inaspettata.

La costruzione

La prima fondazione del palazzo risale presumibilmente alla seconda metà del Cinquecento ad opera della famiglia degli Anguillara. Quando nel 1595 cedettero la proprietà a Giuseppe Giustiniani, la costruzione doveva avere l’aspetto di un fortalizio più che quello di una villa di campagna. Fu il figlio Vincenzo ad intraprendere importanti lavori di ampliamento e abbellimento, con una particolare attenzione per il giardino.
Ricco banchiere di professione, Vincenzo Giustiniani fu un raffinato intellettuale e un appassionato collezionista di antichità e opere d’arte: illustrate nei due tomi della Galleria Giustiniana sono più di 1000 sculture, all’epoca raccolte nel palazzo di Roma, e circa 300 dipinti, tra cui numerose opere di Caravaggio, come il Suonatore di liuto, oggi all’Hermitage, l’Incoronazione di spine al Kunsthistorisches Museum di Vienna, la prima versione del San Matteo con l’Angelo per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, rifiutata per motivi di decoro e purtroppo distrutta nell’incendio di Berlino del 1945. 

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Gli interni e le decorazioni

La facciata del palazzo venne ingentilita con quattro monumentali busti antichi, ancora presenti, che preludono al gusto antiquario con il quale furono decorati gli interni e il cortile. Quest’ultimo, a doppio ordine di arcate, era arricchito di affreschi monocromi con trionfi, fregi e stemmi eseguiti da Antonio Tempesta (1555-1630), oggi quasi del tutto scomparsi. Sul fondo si vede una fontana con una statua antica allegoria dell’Abbondanza.

Tramite una scala laterale si sale al piano nobile, che conserva in parte la decorazione fatta eseguire dai precedenti proprietari: sono infatti cinquecenteschi gli affreschi presenti nella loggia con motivi a grottesche di squisita fattura. Dalla scala si accede al primo ambiente di rappresentanza, detto Sala del Trono ma anche dei Dodici Cesari, per via dei busti marmorei che un tempo si trovavano lungo le pareti. Quello che resta è un affresco cinquecentesco, modificato nell’Ottocento, con lo stemma Odescalchi e il monumentale camino. Sebbene i saloni siano completamente vuoti, gli arredi e i quadri siano stati spostati, venduti o depredati, gli ambienti conservano il fascino particolare delle dimore disabitate ma ancora non ristrutturate. Sono originali i bellissimi pavimenti in cotto e si conservano gran parte delle finestre lignee con i sottili vetri soffiati e gli scuri dalle tenui cromie, elementi di una bellezza commovente, di solito i primi ad essere sostituiti. I soffitti sono tutti affrescati e in uno stato di conservazione relativamente buono.

La prima sala alla destra del salone d’ingresso fu dipinta da Bernardo Castello nel 1605 con la “Favola di Amore e Psiche”, negli antichi inventari era definita “Saletta dove si magnia” e aveva alle pareti “un paramento di corami vecchi di fiori d’oro et argento a fondo nero”, purtroppo scomparsi. Le sale successive presentano affreschi attribuiti alla scuola degli Zuccari e risalgono alla committenza degli Anguillara, sono rappresentate le Allegorie della Primavera e dell’Estate, raffigurate nel riquadro centrale attorno ad una raffinatissima decorazione a grottesche. Si accede poi alla Sala del Parnaso, usata dal marchese Vincenzo come studiolo, con decori legati all’esaltazione delle Arti, in particolare della musica, come testimoniano gli strumenti agli angoli del soffitto. La veduta con il porto di Genova allude alle origini della famiglia, mentre quella del porto di Chios, all’isola che i Giustiniani governarono su concessione della Repubblica genovese dal 1356 al 1566. Di seguito il camerino dalla funzione incerta, detto del Paradiso, conserva il bellissimo pavimento in maioliche colorate e sul soffitto si uniscono tematiche sacre e profane (Storie di Mosè insieme a putti ed erme classiche). Proseguendo si passa per due ambienti in cui si concludono le allegorie delle Stagioni, l’Autunno e l’Inverno, e si torna, facendo il giro del palazzo, nel salone d’ingresso.

Passando attraverso un’anticamera, dove resta soltanto una colonna in cipollino che sosteneva il busto in terracotta di Innocenzo X modellato da Alessandro Algardi (oggi al Museo di Palazzo Venezia), si accede ad una piccola cappella ed infine nella sala detta del Cavaliere. Questo ambiente prende il nome dall’artista che nel 1610, su commissione del marchese Vincenzo, affrescò il bellissimo soffitto, ovvero il Cavaliere Paolo Guidotti Borghese (1560-1629). Il pittore realizzò un’incorniciatura formata da un doppio gruppo di telamoni monocromi che spartiscono la volta in sezioni dedicate alle quatto virtù cardinali con relativi episodi biblici: Prudenza – Giuseppe e la moglie di Putifarre, Temperanza – Susanna e i Vecchioni, Giustizia – Salomone e Fortezza – Giuditta e Oloferne. Al centro, su un cielo stellato, la fanciulla nuda seduta su un globo con il Sole e la Luna nelle mani è l’allegoria dell’Aeterna Felicitas.
La saletta successiva, invece, venne dipinta nell’estate del 1609 da Domenichino (1581-1641) ed era detta “Stanzia di Diana” poiché tutti gli episodi della volta sono dedicati alla dea della caccia. La partizione riprende la decorazione a quadri riportati della Galleria di Palazzo Farnese a Roma, dove il pittore aveva lavorato negli anni precedenti accanto ai Carracci, mentre le citazioni antiquarie, insieme allo stile antichizzante di quello che sarà uno degli artisti più importanti della corrente classicista del Seicento, accentuano il concetto del palazzo concepito dal proprietario come residenza “all’antica”.
Si conclude la visita con la splendida Galleria che è senza dubbio l’ambiente più importante del palazzo ed uno tra i più belli delle ville della campagna romana. Gli affreschi che ricoprono le pareti e la volta sono stati dipinti nel 1609 da Francesco Albani (1578-1660), altro artista bolognese proveniente dalla bottega dei Carracci, ed alcuni aiuti. A differenza del camerino di Domenichino, viene eliminato l’impianto in quadrature e sulle pareti si finge una partizione architettonica in stucco e medaglioni bronzei, su cui vengono dipinti dei finti arazzi con le varie scene mitologiche, tutte tratte dalle Metamorfosi di Ovidio. Sul soffitto si apre la volta celeste da cui si affacciano, al di là di una lunga balaustra ed attorno alle raffigurazioni dei segni zodiacali, le divinità dell’Olimpo che assistono alla Caduta di Fetonte.

Il giardino

Menzione a parte merita il giardino che, anche se attualmente non visitabile, fu frutto di un dettagliato progettato di Vincenzo Giustiniani. Il marchese, infatti, scrisse un’opera intitolata i Discorsi sopra l’architettura, nella quale fornì una descrizione del giardino di Bassano, che fu realizzato “su un sito diseguale, e molto stravagante”. Per questo motivo dovette ordinare “spianamenti di monti, empimenti di valli, aggiustamento dei viali”, arrivando a costruire anche un ponte, ancora esistente, che doveva congiungeva il primo piano del palazzo con il parco. La prima parte era formata da un giardino all’italiana, detto “de’ quadri”, che si dipanava attraverso una scalea in una serie di viali alberati e coperti “ne’ quali si possa passeggiare nel caldo d’estate”, su ispirazione di quelli visti nelle corti europee, durante i suoi viaggi, soprattutto in Francia. Alla sommità del parco, arricchito con statue, grotte, giochi d’acqua e fontane, in posizione assiale rispetto al palazzo, venne fatta costruire la Rocca, un fabbricato con cinque torrette sormontato dallo stemma Giustiniani. Completava il tutto un terreno di circa 20 ettari usato come riserva di caccia.

Vicende successive

Purtroppo poco resta oggi della grandezza passata: la proprietà venne venduta nel 1854 alla famiglia Odescalchi ma, ciò nonostante, iniziò un lento ed inesorabile declino, fino al totale abbandono. Il palazzo venne spogliato degli arredi e il giardino, in parte depredato delle statue in parte lasciato a sé stesso, fu completamente invaso dalla vegetazione. Già Federico Zeri, alla fine degli anni 90 e poco prima di morire, aveva denunciato lo stato precario nel quale versava la villa, tentando di coinvolgere il Fondo Ambiente Italiano nella sua salvaguardia. Soltanto nel 2001 lo Stato ha finalmente acquistato il palazzo e, sebbene siano stati fatti dei lavori di messa in sicurezza, ancora molto resta da fare.

Oltre alla bellezza dell’architettura e degli affreschi bisogna ricordare che Palazzo Giustiniani è stato utilizzato da Federico Fellini come set di alcune scene de La Dolce Vita, guardando le quali ci si può fare un’idea di come fossero gli interni nel 1960, di una bellezza decadente ma ancora sostanzialmente intatti.

Modalità di accesso

Palazzo Giustiniani-Odescalchi si trova a Bassano Romano ed è visitabile su appuntamento il martedì mattina, giovedì pomeriggio e sabato mattina chiamando in quei giorni il numero 0761 636025. L’ingresso è gratuito e viene fornita una guida cartacea molto esaustiva.

Bibliografia
P. Portoghesi, I Palazzi Giustiniani a Bassano di Sutri e a Roma, in “Bollettino d’arte”, IV, 42, 1957, pp. 222-240.
G. Aurigemma, Palazzi del Lazio dal XII al XIX secolo, Roma, 1992.
Bureca, Bassano Romano. La villa Giustiniani Odescalchi, Roma, 2009.
Bureca, La villa di Vincenzo Giustiniani a Bassano Romano. Dalla storia al restauro, Roma, 2016.

Ritratto di Vincenzo Giustiniani, incisione di Claude Mellan, 1631un’incisione del giardino tratta dalla Galleria Giustiniana

IL CORTILE:

PIANO NOBILE
La Loggia: Sala dei Cesari: Sala da pranzo:

Camerino di Vincenzo:

Camerino del Paradiso: Sala dell’Inverno:Sala dell’estate:

Anticamera: Sala del Cavaliere:

Stanza di Diana: Galleria:

La Dolce Vita:


PhD student in art history specializing in 17th and 18th century paintings, proudly born in Rome but with Sardinian origins. Macabre lover, compulsive bibliophile and flea markets fanatic.

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