Montague Summers, the Reverend (1880-1948)

“Tell me strange things”
Montague Summers

“Raccontami cose strane”. Con queste parole e uno sguardo ammiccante, il sedicente reverendo Augustus Montague Summers (1880-1948) accoglieva gli amici che si recavano in visita da lui. Così recita anche la lapide, posata nel 1988 nel cimitero di Richmond, nel Surrey, dove il numero di lotto 10818 indica il luogo di sepoltura del controverso prelato. A Summers era stata negata una messa di requiem dal parroco cattolico, essenzialmente in virtù della fama misteriosa e sinistra che aveva acquisito negli ambienti religiosi. Sono dovuti trascorrere quaranta anni dalla sua morte, prima che una lapide venisse posta sulla tomba, per iniziativa di Sandy Robertson, chitarrista e appassionato critico di musica alternativa, con un debole per gli scrittori dimenticati e l’occultismo.

Ma se qualcuno aveva cose strane da raccontare questo era proprio l’eccentrico Summers, il quale lasciò attorno alla sua persona un alone di mistero che, seppur smorzato negli anni, non si può dire oggi del tutto esaurito. Era certamente un uomo che faceva parlare di sé e, come scrisse il suo principale biografo, padre Brocard Sewell – un personaggio singolare, che meriterebbe uno spazio a parte – far parlare di sé, di solito, implica una valenza negativa.

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Inizi e vocazione

Montague Summers nacque il 10 aprile 1880 a Bristol, settimo figlio di August William Summers, un ricco banchiere di Clifton. L’agiatezza della famiglia gli diede accesso a una fornitissima biblioteca e gli consentì frequenti viaggi in Europa, in particolar modo in Francia e Italia, che gli consentirono di entrare in contatto con molti intellettuali dell’epoca. Ebbe un’infanzia serena e frequentò delle ottime scuole: il Clifton College di Bristol, il Trinity College di Oxford, allo scopo di diventare sacerdote, e infine Lichfield Theological College, dove ultimò la sua formazione teologica. Fin dai tempi del Trinity College, Summers si distingueva per una frivola ricercatezza. Era solito indossare una cravatta lavallière e un elaborato panciotto ricamato di seta nera. Indossava guanti di pelle di camoscio e portava un bastone in ebano, il cui manico in argento rappresentava Leda e Zeus nelle sembianze di cigno.

Al termine della carriera scolastica, nel 1908, Summers fu ordinato diacono della Chiesa Anglicana e assunse un incarico come curato a Bitton, nei pressi di Bristol. Questo incarico ebbe, tuttavia, breve durata. Il giovane curato si convertì al cattolicesimo nel 1909 e in seguito fu ordinato sacerdote cattolico (o almeno così si tramanda), acquisendo il nome di Alphonsus Joseph-Mary Augustus Montague Summers. Sul dubbio di questa sua consacrazione, certamente avvenuta al di fuori della Chiesa Romana, e alimentata dall’ambiguità e dal gusto per la mistificazione di Summers, si è intessuto un mistero che è ancora oggi argomento di discussione. Quel che è certo è che il nome di Augustus Montague Summers comparve per alcuni anni nei registri del clero riconosciuto dalla Chiesa Anglicana, per poi scomparire. Il suo nome, invece, non compare in alcun registro cattolico, né esistono documenti di questa ordinazione. Padre Brocard Sewell, tuttavia, non ha dubbi in materia: “Chi afferma che Montague Summers non era nei Sacri Ordini, afferma ciò che non è, e parla di cose che non comprende”.

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Summers in 1915

Un prete dandy omosessuale

Il caso Summers, tuttavia, non costituisce un’isolata eccezione e, più che di mistero, si può forse parlare d’irregolarità e di confusione. Svariati ordini religiosi indipendenti si erano sviluppati alla fine del diciannovesimo secolo e fino alla seconda guerra mondiale, e la loro relazione con la chiesa di Roma e con quella anglicana non era chiaramente definita. Una volta convertito al Cattolicesimo, Summers si affiliò al “Order of Corporate Reunion”, un ordine anglicano, tuttora esistente, che rivendica le sue fondamenta cattoliche. Il fondatore, Frederick George Lee (1832-1902), asseriva di essere stato consacrato vescovo da un prelato cattolico e quindi di esercitare appieno il diritto alla successione apostolica. Attraverso lui e altri due vescovi consacrati allo stesso modo, furono impartiti gli ordini a molti cosiddetti episcopi vagantes, fino ad arrivare alla consacrazione di Summers. Di un’altra presunta consacrazione del 1927, da parte del vescovo di Parma Guido Maria Conforti, rimane soltanto il ricordo di un assistente di Summers. L’assenza di documenti ufficiali, ovviamente, lascia spazio alle ipotesi, alimentate da un legittimo gusto per il mistero che non manca di certo a chi rivolge la sua attenzione a questo insolito uomo. Dopo la conversione Summers non era solito officiare celebrazioni religiose e l’unica eccezione è costituita dal periodo in cui fu cappellano privato nei primi anni trenta. In quell’occasione fu però intimato, dal vescovo di Southwark, Peter Emmanuel Amigo, a porre immediatamente termine al suo servizio irregolare.

Summers era un uomo anticonvenzionale e apparentemente pieno di contraddizioni. Attratto da un desiderio di sacralità deviata dalla passione per l’occulto, dandy ricercato e brillante conversatore prima che uomo di chiesa, aveva subito il fascino decadente degli anni ’90 e in particolare di Oscar Wilde, con il quale condivideva un umorismo caustico e il gusto per la mistificazione e l’ambiguità. L’anticonformismo del giovane Montie fu motivo di cruccio per il padre, che spesso ebbe un ruolo da attento censore nella formazione del figlio. La scoperta di un libro come La ballata del carcere di Reading, considerato sozzura dal padre, si dovette scontrare con la candida ammissione del giovane di possedere tutti i libri del “maestro”. Non pare, inoltre, che Summers celasse la sua tendenza omosessuale; il suo primo libro di poesie, Antinous and other Poems (1907), esplicito fin dal titolo, pubblicato prima che fosse ordinato diacono, e che apparentemente sfuggì alle autorità ecclesiastiche, era un libro di poesie decadenti di natura omoerotica. Antinous fu definito da un commentatore del tempo, con non poca esagerazione, “il nadir della letteratura corrotta e corruttrice”. Il libro era dedicato al poeta francese Jacques d’Adelswärd-Fersen, processato qualche anno prima per aver celebrato a Parigi delle presunte messe nere a sfondo sessuale, nelle quali coinvolse giovani delle classi agiate parigine. Summers conosceva bene Fersen, ed era certo che fosse vittima di calunnie basate su un’esagerazione dei fatti. Stimava il poeta e ne apprezzava l’opera; fu anche suo ospite a Villa Lysis a Capri, dove Fersen si tolse la vita nel 1923. Intorno al 1909, negli anni che sembrano i più intensi della sua vita, un’accusa di sodomia coinvolse Summers e un altro chierico. Summers fu scagionato ed evitò il processo, ma lo scandalo pose fine alla sua breve esperienza di curato. In quegli anni qualcosa stava cambiando in Summers, ossessionato sempre di più da una morbosa preoccupazione verso il maligno, come riportato dal poeta suo amico John Redwood-Anderson, collega di studi a Oxford; quest’ossessione probabilmente lo mise sulla strada della conversione al cattolicesimo.

Capire il complesso rapporto tra cattolicesimo e decadentismo necessiterebbe una trattazione complessa e a sé stante: basti dire qui che il cattolicesimo di Summers mostrava indubbiamente aspetti decadenti e per certi versi morbosi. Era solito bruciare incenso nel suo appartamento e in tempo di Quaresima indossava calze viola. Più avanti negli anni si dice che partecipasse alle cene in antiquati abiti ecclesiastici: calze viola, tonaca nera, cintura nera con bordi viola e grandi fibbie d’argento sulle scarpe di vernice. In generale il gusto per l’ambiguità e la recitazione lo accompagnò per tutta la vita e non è raro che chi lo conosceva avesse l’impressione che Summers, con i suoi modi affettati e le espressioni misurate, stesse recitando una parte. Forse perché riconosceva una caratteristica comune, un simile atteggiamento di distacco e di simulazione Summers lo imputò a Gabriele D’Annunzio, che conobbe a Roma. Non aveva una buona considerazione del vate, del quale criticava il culto dei sensi. Inoltre, a suo avviso, l’opera di D’Annunzio era priva di una dimensione spirituale e affettiva.

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Occulto

Questa coltre di mistero, attorno un così singolare uomo di chiesa, non poteva che essere un terreno fertile per speculazioni e chiacchiere più o meno fondate. Si dice che dal 1908 al 1918, per qualche motivo Summers prese parte alla celebrazione di riti oscuri. Timothy D’Arch Smith, noto bibliografo e antiquario, afferma inoltre (e lo stesso Brocard Sewell non nega questa possibilità) che intorno al 1913, Summers ebbe una brutta esperienza durante un rito satanico, e ne fu così scosso che la sua religiosità virò bruscamente verso il fanatismo cattolico di stampo quasi medioevale che caratterizza gran parte della sua vita e dei suoi libri.

Prima di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno, Summers lavorò tra il 1911 e il 1926 come insegnante d’inglese e latino presso varie scuole. Non era molto interessato alla formazione, ma lasciò un buon ricordo nei suoi allievi, nonostante fosse ritenuto una persona eccentrica. Non si può dire che si attenesse al programma ministeriale, e i suoi insegnamenti erano marcatamente influenzati dalla dottrina cattolica. In quel periodo, nel 1916, fu eletto Fellow della Royal Society of Literature, quando (e forse per tale motivo, viste le antipatie che queste opere gli causarono negli ambienti accademici) le sue opere fondamentali sui temi del soprannaturale e dell’occulto dovevano essere ancora pubblicate.

Gli interessi accademici di Summers, se così si possono definire, recavano sicuramente il marchio di un’indagine su temi al limite delle convenzioni, che spaziavano dal mondo medievale all’occulto, dal romanzo gotico agli studi sul soprannaturale, fino al teatro inglese della Restaurazione (del quale predilesse aspetti marginali). Significativo il fatto che si debba a lui la prima edizione in inglese del Malleus Maleficarum (1928) di Heinrich Kramer e Jacob Sprenger, noto manuale quattrocentesco per inquisitori, che Summers riteneva un valido strumento di lotta al maligno, per nulla anacronistico.

Dopo la pubblicazione del Malleus Maleficarum, Montague Summers si dedicò allo studio della stregoneria, con The History of Witchcraft and Demonology (1926), seguito dal complementare The Geography of Witchcraft (1927) e ai vampiri, con alcuni testi fondamentali che hanno contribuito, dopo Dracula, a fissare l’immagine del vampiro nell’immaginario collettivo e nella letteratura: The Vampire: His Kit and Kin (1928) e The Vampire in Europe (1929). Infine trattò il tema della licantropia in The Werewolf (1933), del quale alcune pagine approdarono alla nota rivista pulp statunitense Weird Tales. Le opere di Summers sul soprannaturale sono note per lo stile insolito e antiquato, per l’esposizione erudita, e per il fatto che Summers era uno dei pochi studiosi di materie occulte a credere fermamente nella natura soprannaturale dell’argomento dei suoi studi. Nonostante alcuni dubbi sulla validità di questi lavori sul piano accademico, derivanti da quest’approccio, il lavoro di catalogazione e organizzazione critica di un materiale allora frammentario e non organizzato, è da considerarsi fondamentale. Senza la sua opera, molti testi sarebbero stati persi o dimenticati e i moderni studi sarebbero stati privi di alcune fonti. Tuttavia, la fede ferma nel soprannaturale, nell’esistenza del maligno, nella validità dei metodi dell’Inquisizione per contrastare il male e la morbosa attrazione per l’occultismo e le arti oscure, cui si dichiarava avverso, lo porranno in cattiva luce in ambiente accademico e tra le gerarchie ecclesiastiche cattoliche. Uno dei maggiori detrattori di Summers, il reverendo Herbert Thurston, lo attaccò spesso pubblicamente per questa sua visione oscurantista.

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Summers critico

Summers fu anche un noto antologista e un appassionato bibliofilo. Fu lui a riportare alla luce e a far pubblicare i sette romanzi del cosiddetto ciclo “Northanger Horrid Novels”, citati da Jane Austen in L’Abbazia di Northanger, e che fino allora si credevano invenzioni dell’autrice. Curò delle biografie di Jane Austen e Ann Radcliffe e a lui si devono i monumentali studi sul romanzo gotico The Gotic Quest (1838) e A Gotic Bibliography (1940), che dovevano far parte di una trilogia assieme a The Gotic Achivement, del quale si trovano tracce frammentarie in forma di appunti.

Curò tre antologie di storie di fantasmi: Victorian Ghost Stories (1936), The Grimorie and other Supernatural Stories (1936) e soprattutto il noto The Supernatural Omnibus (1931), a oggi una delle migliori raccolte di racconti del soprannaturale inglese, pubblicato ininterrottamente fin dalla sua prima edizione. Fu Summers ad antologizzare per primo alcune ghost stories di Vernon Lee, da lui considerata una delle più grandi scrittrici di storie di fantasmi. A differenza del famigerato prevosto di Eton e maestro della ghost story eduardiana, M.R. James, Summers credeva negli spettri e non solo come atto di fede, essendo stato lui stesso testimone di varie manifestazioni, alcune delle quali a Tellisford House, la casa della sua infanzia, nella quale si aggirava lo spettro di una distinta signora dell’epoca vittoriana in grembiule e cuffietta.

Grande appassionato di teatro, e in particolar modo di quello della Restaurazione inglese, curò le edizioni dei lavori di John Dryden, William Congreve e di Aphra Behn, drammaturga ampiamente dimenticata che trattava spesso temi oltre i limiti delle convenzioni e non esitava a mettere in scena l’erotismo. Queste sue edizioni furono talvolta accusate d’imprecisione e plagio, anche se ne era generalmente riconosciuta l’importanza. Fu, inoltre, uno dei membri fondatori di “The Phoenix”, una compagnia teatrale che metteva in scena vecchie opere teatrali.

Il rapporto con Aleister Crowley

Nonostante la sua religiosità conservatrice, Summers fece parte dell’Order of Cheronea, una società segreta il cui intento, principalmente politico, era quello di supportare i diritti degli omosessuali, ed era, inoltre, un membro attivo della British Society for the Study of Sex Psychology (la prima riunione si tenne presso la sua abitazione), cui contribuì con un saggio sul marchese de Sade: “The Marquis de Sade: A Study in Algolagnia”. Egli era certamente conscio della componente sessuale dell’esperienza religiosa quando scrive: “Né ci può essere una realtà più profonda; poiché la sfera sessuale, giustamente compresa, è nel profondo del cuore dell’umanità, in tutta la filosofia, nella saggezza e nella religione”. Probabilmente, questa propensione verso la sfera sessuale fu un terreno d’incontro con Aleister Crowley, personaggio che spesso ricorre quando si parla di Summers. I due erano certamente conoscenti e probabilmente nutrivano una reciproca simpatia, anche se ovviamente la peculiarità dei due uomini non tardò ad alimentare voci su una frequentazione che andava oltre la semplice conoscenza. Crowley annotò nel suo diario: “Cenato con Montague Summers: la serata più divertente che abbia trascorso da decenni”; e altrove scrisse a Gerald Yorke: “Pare che Montague Summers conosca bene quello di cui parla. La gente generalmente vuole un libro sulla magia. Dal medioevo non c’è mai stato un tentativo in tal senso, eccetto che per quello di Levi.”

Non è noto se questa presunta frequentazione andasse oltre la curiosità e ammirazione reciproche. Gli incontri documentati sono costituiti soltanto da un paio di cene e un invito a prendere il tè. È indubbio, tuttavia, che i due fossero attratti l’uno dall’altro. “Crowley aveva lampi di genio”, scrisse Summers che confidò anche di tenere un dossier con svariati ritagli di giornale sul mago.
A rafforzare una rete di conoscenze, certamente particolari, tra i due si pone anche la figura del noto scrittore di romanzi dell’occulto Dennis Weathley. Grande conoscitore del mondo delle sette e dei culti oscuri, nei suoi romanzi Weathely modellò i personaggi su uomini reali e non mancano Crowley (Damien Mocata in The Devil Rides Out) e Summers (il canonico Copely-Style in To The Devil – A Daughter). In quest’ultimo romanzo la descrizione del canonico lascia poco spazio al dubbio e potrebbe figurare inalterata in una biografia di Summers:

[…] Il canonico era in piedi davanti al fuoco.
Era di bassa statura e grassoccio, sia nel viso che nella figura. Aveva guance rosee che tendevano a pendere; la pelle era di un colorito così infantile, che era difficile immaginarsi che dovesse mai radersi. La fronte era alta e liscia; i lunghi capelli argentei erano pettinati all’indietro e gli coprivano di riccioli la base del collo, senza per questo dare un’impressione di disordine e suggerendo invece l’eleganza di un curato dell’epoca georgiana. Aveva occhi color nocciola molto pallido con un’espressione benigna. I lineamenti erano piacevoli, con l’unica eccezione del labbro inferiore straordinariamente carnoso e proteso in fuori. Indossava un completo nero, una camicia di seta a coste, un colletto da prete, calzoni alla zuava, ghette, scarpe nere con fibbie d’argento. Tutt’insieme dava l’impressione che si trattasse del tipico ecclesiastico dei tempi passati.

E se da un lato la finzione sfiora la realtà, per contrappeso un aneddoto biografico di Brocard Sewell potrebbe passare per un brano nella tradizione della migliore ghost story britannica.

Una volta vidi io stesso Summers a Hove, in un soleggiato pomeriggio d’estate. Era un personaggio inconfondibile, in abiti ecclesiastici e cappello a tesa larga, seduto su una panchina di The Lawns, rivolto verso il mare. Accanto a lui, per terra, c’era il suo piccolo bassotto, Cornelius Agrippa, battezzato con il nome del famoso stregone Cornelius Agrippa von Nettesheim. Sfortunatamente ero un giovane timido, ed esitai ad avvicinarmi a lui. Un attimo dopo si alzò, si voltò, e attraversò la strada. Lo seguii, abbastanza da vicino, deciso, dopo tutto, a presentarmi; ma improvvisamente voltò un angolo. Quando svoltai, appena qualche secondo dopo, era scomparso. O si era mosso con estrema rapidità o si era reso invisibile, almeno allora ebbi questa impressione.

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Montague Summers tombstone (via)

Morte e archivi perduti

Montague Summers morì per un infarto nella sua casa di Richmond, nel Surrey, il 10 agosto 1948, poche settimane dopo aver ultimato le bozze di un suo libro di memorie, The Galanty Show. Il suo segretario e convivente Hector Stuart-Forbes, suo principale erede, morì due anni dopo, per essere seppellito nella stessa tomba di Summers. Hector ricorda che nella casa che abitava, dopo la morte di Summers incominciarono delle manifestazioni di poltergeist. Le luci elettriche si accendevano e spegnevano durante la notte e alla fine Hector dovette togliere corrente ai lampadari, per rimediare al problema. L’erede di Summers non parve molto sorpreso da quei fatti, forse sapeva che era il minimo che ci si poteva aspettare dall’inquieto reverendo.

Hector Stuart-Forbes morì portando nella tomba l’ultimo mistero di Summers: quello degli archivi perduti. Per lungo tempo si è fantasticato sugli archivi di manoscritti e dattiloscritti di Summers, pensati persi definitivamente, smembrati e nelle mani d’ignoti collezionisti, fino a quando lo studioso Gerard O’ Sullivan li ha ritrovati nel 2008, pressoché intatti, in Canada in possesso degli eredi di Stuart-Forbes.

Tra i vari manoscritti, è stato ritrovato anche il testo incompleto di The Bride of Christ: A Novel, un romanzo decadente, incentrato sulle visioni mistiche di una suora che considera se stessa la sposa di Cristo. Gerard O’Sullivan si ripropone di completarlo per la pubblicazione. Montague Summers, questo bizzarro cigno nero, non ha ancora finito di far parlare di se.

Bibliografia e fonti:

Hanson, Ellis. Decadence and Catholicism. Cambridge, MA: Harvard UP, 1997.
O’Sullivan, Gerard. “The Manuscripts of Montague Summers, Revisited”. The Antigonish Review. 159 (2009): 111-140.
Sewell, Brocard “The Manuscripts of Montague Summers”. The Antigonish Review. 2 (1970): 30-36.
Sewell, Brocard. Like Black Swans: Some People and Themes. Padstow, Cornwall: Tabb House, 1982.
Summers, Montague. The Galanty Show: An Autobiography. London: Cecil Woolf, 1980.
Thurston, Herbert. “Diabolism”. Studies: an Irish Quarterly Review. 16.63 (1927): 441-454.
Wheatley, Dennis. To the Devil – a Daughter. London: Hutchinson, 1953.


Supernatural fiction lover in the spare time, to balance the wearing life of an ICT manager. He has contributed to the italian Hypnos magazine and the weirdletter.it blog, both focusing on weird and supernatural fiction.

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