Villa Falconieri a Frascati, Lazio

Dove: Viale Borromini, 5, 00044 Frascati (RM)
Orari: ogni domenica con visite guidate alle 10 e alle 12
Website: vivariumnovum.net

 

La storia di villa Rufina

Sulle colline tuscolane, in una posizione defilata rispetto alla più nota Villa Aldobrandini, il cui parco arriva fino al centro di Frascati, sorge Villa Falconieri, detta anche la Rufina. Il nome deriva dal suo antico costruttore monsignor Alessandro Ruffini, vescovo di Melfi, che la fece edificare nella prima metà del XVI secolo, affidando i lavori a Giovanni Lippi detto Nanni di Baccio Bigio, un allievo di Antonio da Sangallo il Giovane. La costruzione cinquecentesca, ancora visibile in un’incisione di Matthaeus Greuter del 1620, era composta da un corpo centrale più basso chiuso entro quattro torri angolari poco sopraelevate, mentre su due lati della facciata si apriva un portico a tre arcate, da una parte verso Frascati e dall’altra verso un giardino all’italiana con fontane e pergolati.
Dopo vari passaggi di proprietà (fu dei Cenci, degli Sforza, dei Gonzaga e forse dei Montalto), la villa venne acquistata nel 1628 da Orazio Falconieri per 12.000 scudi e fu il figlio di questi, Paolo Francesco, a incaricare Francesco Borromini di restaurare l’edificio dandogli l’aspetto che si vede oggi.

Borromini eseguì probabilmente il progetto mentre l’esecuzione dei lavori venne realizzata da Camillo Arcucci, suo collaboratore. Al corpo centrale, impreziosito nel piano superiore da una nicchia la cui convessità richiama quella dell’Oratorio dei Filippini, vennero aggiunte due ali laterali, unificate dal motivo delle arcate che si susseguono su tutta la lunghezza della facciata. Ulteriori lavori di abbellimento vennero eseguiti tra il 1710 e il 1735 da Ferdinando Fuga soprattutto nel portico, dove l’architetto realizzò i sedili in pietra con resti antichi e le nicchie ovali con decorazione a volute. La proprietà rimase dei Falconieri fino al 1879, quando il complesso fu venduto a Elisabetta Aldobrandini Lancellotti.

Villa Ruffina, stampa di Matteo Greuter, 1620

Negli anni successivi la villa ospitò i frati dell’Abbazia delle Tre Fontane fino a quando, nel 1907, fu acquistata dal barone tedesco Ernest Mendelssohn-Bartholdy, che la donò all’imperatore Guglielmo II. Fu lui a decidere di stabilirvi la sede di una scuola tedesca di lettere e belle arti, affidata all’Istituto Germanico di Roma. La villa divenne meta di intellettuali ed artisti come lo scrittore Richard Voss o il pittore Philipp Hackert, che la celebrarono nelle loro opere. 

Dopo la Prima guerra mondiale fu confiscata dallo Stato italiano e, a partire dal 1928, fu prima la sede dell’Istituto Internazionale di Cinematografia educativa, poi, dal 1938, sede dell’Istituto Nazionale per le Relazioni con l’Estero (INRE), diretto da Galeazzo Ciano. Per questo motivo, durante il secondo conflitto, fu occupata dal comando militare tedesco e nel 1943 subì gravi bombardamenti che distrussero l’intera ala destra e le costruzioni adiacenti. Soltanto dopo un periodo di abbandono si procedette ad un primo restauro tra 1956-1958, a cui seguì un secondo intervento di riqualificazione terminato nel 1996.

Dopo aver ospitato il Centro Europeo dell’Educazione, a cui successe fino al 2015 l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (INValSI), è stata finalmente affidata nel 2016 all’Accademia Vivarium novum. Questa istituzione, riprendendo la tradizione delle grandi scuole umanistiche, ha aperto la villa a giovani provenienti da tutte le parti del mondo, occupandosi della loro formazione indirizzata all’apprendimento del latino e del greco e allo studio dei testi classici e medievali. Si è inoltre occupata dei restauri, tutt’ora in corso, e delle visite guidate.

Gli interni

Le stanze della villa restaurate occupano una parte dell’ala sinistra e sono tutte decorate da affreschi realizzati nella seconda metà del XVII secolo da allievi di Pietro da Cortona e Carlo Maratti. Il primo ambiente a cui si accede è la monumentale sala d’ingresso sul cui soffitto (in parte danneggiato dai bombardamenti) si vede l’affresco con la Nascita di Venere di Niccolò Berrettoni; alle pareti invece ci sono finte architetture con balaustre, da cui si affacciano i membri della famiglia Falconieri riccamente abbigliati. Da qui si accede ad un salottino in cui si alternano decorazioni di epoche diverse: sul pavimento si può ammirare la ricostruzione di un mosaico romano a tessere bianche e nere; le fasce affrescate sono invece una testimonianza superstite dell’antica decorazione cinquecentesca; il soffitto a cassettoni è del Settecento, come pure gli affreschi illusionistici alle pareti che mostrano vedute dei dintorni di Frascati, realizzati dal pittore fiammingo Giuseppe Herzendorff.

La prima sala dell’ala laterale, oltre al soffitto con il Ratto di Proserpina dipinto da Ciro Ferri e incorniciato dagli stucchi borrominiani, ha le pareti interamente ricoperte di affreschi con prospettive che si aprono su paesaggi dipinti dall’artista romano Pier Leone Ghezzi. Le scene sono popolate da personaggi a grandezza naturale intenti in varie occupazioni: c’è il predicatore domenicano Rocco di Napoli, che per affacciarsi ad una finestra rompe con il bastone sbadatamente il vetro; altri conversano tra loro; altri ancora passeggiano con eleganza al di sotto delle finte architetture, mentre l’uomo con il tricorno appoggiato alla balaustra che disegna su un foglio è l’artista stesso che si ritrae, come indica la modesta iscrizione in versi al di sotto: “Il Ghezzi rappresentò la sua faccia, il gesto, l’arte, ma non poté disegnare il suo superbo ingegno”.

Le sale che seguono sono dedicate alle stagioni: nella prima c’è uno splendido soffitto dipinto, sempre dal Berrettoni, con al centro l’Allegoria dell’Estate, incorniciata da una decorazione monocroma a putti e girali. Nella stanza successiva l’Allegoria dell’Autunno affrescata da Ciro Ferri che prelude al trionfo della primavera dell’ultima sala. Questa, l’unica ad avere l’affaccio sulla valle, è considerata una delle più belle raffigurazioni naturalistiche che sia possibile vedere perché pensata come fosse un loggiato aperto sul paesaggio circostante. Le finte architetture, arricchite da statue, erme e fontane che ricoprono le pareti, sono quasi soffocate da una natura rigogliosa, popolata di uccelli e amorini che sorreggono festoni. Sul soffitto si apre invece un cielo sereno al centro del quale, in volo, la personificazione della Primavera sparge fiori, aiutata da uno stuolo di putti. L’effetto illusionistico è accentuato dalla fontana a tazza circolare al centro della stanza.

Il giardino rinascimentale

Il giardino ha mantenuto fino al Settecento il taglio dell’antica villa cinquecentesca di monsignor Ruffini. Il monumentale portone in opera rustica, che innalza un grandioso fastigio e reca il nome di HORATIUS FALCONERIUS, introduce alla parte antistante con le siepi disegnate all’italiana. Due viali bordati da cipressi portano l’uno al terrazzo con la peschiera che si affaccia a valle, l’altro verso il bosco. Qui, alle pendici di una rupe artificiale, due iscrizioni ricordano gli ingenti lavori intrapresi per la conduttura delle acque che, oltre ad alimentare le fontane, sgorgavano dai finti massi di tufo.

Bibliografia:
I. Belli Barsali, Ville della campagna romana, Milano, 1975

 

ESTERNI E GIARDINO:

INTERNI

Sala d’ingresso:

Camerino:

Sala del Ghezzi:

Sala della Primavera:

Sala dell’estate:


PhD student in art history specializing in 17th and 18th century paintings, proudly born in Rome but with Sardinian origins. Macabre lover, compulsive bibliophile and flea markets fanatic.

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