Giovanni Martoglio (1865-1933)

“Si direbbe che la Natura, indispettita dall’audacia dell’intelletto umano,
da cui le è stato rapito il segreto di tante leggi e sono state domate tante sue forze,
si diverta oggi a confonderlo, a umiliarlo presentandogli nuovi misteri,
nuove forze più prodigiose e non sottomesse a nessuna delle leggi ormai accertate dalla scienza;
facendogli intravvedere un mondo arcano, che ci si rivela a tratti,
intermittentemente, senza leggi e senza ordine riconoscibili,
e che supera con le sue apparenze le più strane fantasie create dai poeti
e le più incoerenti combinazioni dei sogni.”

(Luigi Capuana, Mondo Occulto, 1896)

Il simbolismo di Giovanni Martoglio

Le indagini sul mondo della psiche e del sogno, sulla corrispondenza tra i molteplici piani dell’esistenza, la registrazione di numerosi esperimenti di veggenza e metempsicosi, che suscitarono l’interesse di Luigi Capuana e la pubblicazione dei due saggi Spiritismo? (1884) e Mondo Occulto (1896), descrivono alcuni aspetti dell’ambiente intellettuale siciliano con il quale Martoglio interagì durante la sua giovinezza, e che probabilmente lo spinsero a ricercare nelle tematiche della letteratura fantastica, nel gusto per il macabro e l’occulto, le basi sulle quali fondare la propria fenomenologia delle “intermittenze”, degli affioramenti del “mondo arcano” all’interno della sua produzione artistica. “Uno spirito misterioso”, scrive l’amico e scrittore svizzero Adolphe Ribaux, parla attraverso sue opere. Nelle incisioni il paesaggio acquista una valenza ermetica, sentimentale.  Nei pastelli creature mitologiche, dalla grazia ingenua e delicata, popolano paesaggi notturni, isole luminose circondate da neri specchi d’acqua dormiente. Di carattere schivo e molto riservato, poco si sa di lui. Quasi un fantasma.

La storia di Martoglio è la storia dei suoi fantasmi. La sua sensibilità, il suo mondo immaginifico si sviluppano in quella terra dove cresce il fiore dell’oblio. È un palcoscenico vuoto, riservato al mito e alla luce che annienta ogni cosa. Martoglio non deve nulla alla sua terra, se non questo senso del teatro. Nasce a Belpasso nel 1865. A Catania studia, legge, si documenta come può: Pirandello, Mario Rapisardi, Luigi Capuana, Salvatore Di Giacomo, Poe, i poeti contemporanei francesi. Artista autodidatta, si definisce. I suoi maestri sono il simbolismo fin de siècle e la grafica art nouveau. Colleziona “schizzi e scarabocchi” in un album che custodisce gelosamente come diario sentimentale, come feticcio. Con esattezza e puntiglio i disegni esprimono il desiderio di costruirsi una vita alternativa a quella reale. I suoi appunti sono criptici, essenziali, spesso ingenui e legati ad una componente infantile e sognante. Ritrae se stesso, in una pagina dell’album, in volo con ali corvine, sospeso nello spazio tra la terra e la luna, un non-luogo, eternamente altrove (…e questo sono io!, 1890). La città in cui vive gli appare chiassosa, superficiale, opprimente, inibitoria. Gli procura, come scrive durante uno dei suoi soggiorni a Roma, “l’impressione, sempre, di un doloroso, asfissiante orrido stranissimo incubo”. La famiglia di origine lo sostiene ma non ne riconosce il talento. La sua opera verrà sottovalutata anche dal fratello Nino, scrittore e uomo di teatro che nel 1896 gli offre l’incarico di eseguire le illustrazioni per la propria raccolta di sonetti “O’scuru o’ scuru”. Per Nino il fratello Giovanni, sensibile e dal carattere chiuso, è un illustratore da collocare in un’area editoriale di grande diffusione, per borghesi benpensanti, senza troppe pretese di “cose simbolistiche”o cariche di “pensiero astruso”. Condizionamenti troppo pesanti per la sensibilità di Giovanni, che fin dalla sua primissima produzione si rivela un grafico colto, raffinato e meticoloso; un idealista che intende fondare su analogie e suggestioni  il rapporto tra testo e immagine.

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“One might say that Nature, annoyed by the audacity of Man,
from which the secret of many laws has been taken and many of its forces have been tamed,
takes pleasure today in confusing him, in humiliating him by offering new mysteries,
new and more prodigious forces, not subjected to any of the laws already established by science;
to let him catch a glimpse of an arcane world, which is revealed to him at times, intermittently,
without laws and without any recognizable order,
and that exceeds with his appearances the strangest fantasies created by poets
and the most incoherent combinations of dreams.”
(Luigi Capuana, Mondo Occulto, 1896)

The symbolism of Giovanni Martoglio

Investigations on the realms of Psyche and Dream, the connection between  multiple layers of existence, the registration of numerous experiments of clairvoyance and transmigration, which aroused the interest of Luigi Capuana and the publication of the essays Spiritismo? (1884) and Mondo Occulto (1896); these are only some aspects of the intellectual sicilian milieu in which Martoglio has formed, and that probably led him to search in the themes of fantasy literature, in the taste for the macabre and the occult, the outcrops of the “arcane world” within his artistic production. “A mysterious spirit”, wrote his friend and poet Adolphe Ribaux, speaks through his works. In the engravings the landscape acquires an hermetic, sentimental value. In the drawings and pastels mythological creatures of naive and delicate grace populate nightscapes, bright islands surrounded by black ponds of water. Little is known about his shy and reserved temperament. Almost a ghost.

The history of Martoglio is the story of his ghosts. His sensitivity, his imaginative world develop in the land where the flower of oblivion grows. It is an empty stage, reserved to the myth and the light that destroys everything. Martoglio owes nothing to his land, if not this sense of theater. He was born in Belpasso in 1865. He studies in Catania as a journalist. He is interested in the writings of Pirandello, Mario Rapisardi, Luigi Capuana, Salvatore Di Giacomo, Poe, and contemporary French poets. He defines himself as a self-taught artist: his masters are fin de siècle symbolism and Art Nouveau. He collects many “sketches and scribbles” in an album that he jealously guards as a sentimental diary, almost a fetish. With great accuracy and scrupulous care his sketches express the desire to build an alternative life to the real one. His notes are cryptic, essential, often naive and bound to a childish and dreamy attitude. He portrays himself with black raven wings, flying between the Earth and the Moon, eternally elsewhere. The town in which he lives appears to him as loud, superficial, oppressive, inhibitory. Constantly procuring him “the impression of a painful, horrible strange suffocating nightmare”. The family supports him but does not recognize the talent. His work is underestimated by his brother Nino, writer and producer of theatrical works. In 1896 he offers him to illustrate the collection of sonnets “O’scuru or ‘scuru”. According to Nino his brother Giovanni is an illustrator to be placed into a large editorial area for a comformist bourgeoisie, without “symbolistic pretentions” or charges of “abstruse thoughts”. Too heavy restrictions for the sensitivity of Giovanni, who since his first production reveals himself as a subtle artist , refined and meticulous; an idealist who wants to build on analogies and evocations the deep relationship between text and image.

collageGiovanni Martoglio in una foto di fine Ottocento e nel ritratto di Antonio Gandolfi, 1892 (olio su tela)

…e questo sono io!, 1890…e questo sono io!, 1890

Gli acquarelli (1893-1905)

Il gusto per il macabro e il mito della donna sono i perni attorno ai quali ruota la produzione di acquarelli a partire dalla ultima decade dell’Ottocento fino ai primi anni del Novecento. E sebbene lo stile sia legato ancora a quel settore dell’editoria giornalistica che faceva largo uso di immagini grottesche e satiriche ed era frequentato da Martoglio all’epoca della collaborazione per la rivista del fratello Nino, tuttavia emergono molto chiaramente influenze provenienti da ambienti del simbolismo internazionale. Fonti di ispirazione le riviste e le pubblicazioni italiane e straniere, alle quali egli ebbe certamente modo di attingere soprattutto a partire dai brevi soggiorni nella capitale e dopo il trasferimento definitivo a Roma nell’agosto del 1902.

Nel grande acquarello monocromo del 1893 La Visione della Vita, la figura della donna nuda, impiccata ad una forca, si staglia in primo piano sul paesaggio desolato, un mare morto sopra il quale nuvole nere fanno da loggione ad un pubblico di scheletri danzanti. Un modo di sentire tragico e fatalistico fondato sull’ammirazione per Poe e la sua poetica della morte, della perdita irreparabile (si veda Alfred Kubin, Lo stagno, 1905). Tuttavia il linguaggio si mantiene ancora all’interno di un modello macabro piuttosto convenzionale.

Al 1899 risale l’illustrazione a china e acquarello per “A’Tistimunianza”, raccolta di sonetti di Nino Martoglio. La testimonianza a cui fa riferimento il titolo è quella di un uomo che dietro pagamento di un compenso si presta a ripescare il cadavere di una giovane gettatasi in un pozzo dopo essere stata abbandonata dall’amante a causa di un’altra donna. Il dettaglio orroroso del sonetto che descrive la scoperta (“anniricata,/’i vrazza rutti, ‘a testa fracassata,/i labbra virdi comu du’ sangeli”) viene tralasciato per offrire una scena visionaria e immateriale, con la figura eterea e sprezzante della rivale che si erge luminosa contro il buio del bosco, al di sopra del cadavere della donna. Lo squilibrio tra la rappresentazione naturalistica della morta e la sagoma evanescente e grottesca mal si combinano e si relazionano tra loro. La figura fluttuante possiede però di già il fascino delicato e misterioso delle creature che popolano il mondo di Martoglio, siano esse rivali, spose, chimere o gorgoni.

L’interesse per questo tipo di figure mitologiche è un tema caro all’artista, a partire dalla scelta di riproporre la sfinge bambina di Félicien Rops che faceva da frontespizio per Chair (dernières poésies) di Paul Verlaine, per realizzare sempre ad acquarello e inchiostro un piccolo ex libris per Diego De Roberto. Ex libris che verrà pubblicato nel 1900 nel volumetto di De Roberto Poeti francesi contemporanei.
La figura della sfinge verrà ripresa più tardi, nel 1910, in due varianti a colori e per lo studio di una copertina per la rivista Novissima. Il modello è la donna mostruosa, metà sirena, metà arpia, di Felicien Rops (Non hic piscis omnium, 1876): la creatura, con ali di piume di pavone e il corpo terminante in spire di serpente  ha gli occhi da felino e l’acconciatura di una moderna signora alla moda, ed è perfettamente inquadrata in un cerchio formato da un ouroboros. Riferimenti esoterici come questo si trovano nelle due varianti ad acquarello dello stesso tema: in entrambe la sfinge tiene in mano una spada a difesa della soglia del suo regno (il titolo annotato è Sfinge sul limitare del Mistero).

Ad uno studio di nudo di Tadeusz Styka si deve la figura femminile di un acquerello per la copertina di Jugend del 1905, intitolato Alberi solitari. Il paesaggio crepuscolare solcato da acque calme che riflettono i due alberi fa da contrappunto al nudo in primo piano alla maniera di Böcklin, di Von Schennis, di Okun. Ma l’Arcadia è altrove: i colori sono cupi, e ancora una volta il sentimento generale è di visionaria desolazione e di lirismo malinconico.
Meno personale e interiorizzato, ma più astratto e grafico e rispondente allo stile Art Nouveau è il secondo disegno per Jugend, sempre del 1905, intitolato Sterne und Brillanten. Anna Maria Damigella lo sceglie per la copertina della sua monografia su Martoglio (L’opera grafica di Giovanni Martoglio, Sellerio Editore, Palermo, 1993), sottolineando la forte influenza che egli avrebbe tratto dal Notturno di Lucien Lévy-Dhurmer pubblicato su The Studio nel numero di febbraio del 1897. L’assetto compositivo dei due pastelli  è molto simile: il volto è in primissimo piano sullo sfondo di un cielo stellato e attraversato da sottili strisce di nuvole e cipressi. I punti luminosi delle stelle e lo scintillio di gemme tra i capelli fanno in modo che la figura si fonda con il paesaggio, fisicamente e spiritualmente. Eppure in Martoglio il risultato espressivo è molto diverso, perché le morbidezze chiaroscurali del viso di Dhurmer qui si appiattiscono nella linea continua, nei campi di colore netto e nella immagine complessiva della donna, rigida e contenuta all’interno della sua sagoma da figurino di moda.

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The watercolors (1893-1905)

The sense of macabre and the myth of woman pervade Martoglio’s watercolors from the last decade of the nineteenth century until the early twentieth century. The style is still tied to that kind of newspaper publishing industry that made extensive use of grotesque and satirical images and was certainly used by Martoglio in occasion of several collaborations for his brother Nino’s monthly magazine. However, very clear influences from the international art nouveau tendencies are shown in his production. He certainly drew inspiration from italian and foreign magazines and art publications that he could have at his disposal during the short stays in Rome and after moving there definitively in August 1902.

In the large monochrome watercolor 1893 La Visione della Vita, the figure of the naked woman hangs at a gallow in the foreground of a desolate landscape, a dead sea over which dark clouds are the gallery for an audience of dancing skeletons. A tragic and fatalistic feeling founded on the admiration for Poe and his conception of death and the irreparable loss (see Alfred Kubin, The Pond, 1905). However, the language is still maintained within a macabre and rather conventional scheme.

It dates back to 1899 the ink and watercolor drawing for “A’Tistimunianza“, collection of sonnets by Nino Martoglio. The title refers to the witness of a man who finds out the body of a young woman fallen into a pit after being abandoned by her lover because of another woman. The horrid detail of the discovery (“anniricata,/’i vrazza rutti, ‘a testa fracassata,/i labbra virdi comu du’ sangeli”) is left apart to offer a visionary and immaterial scene, with the ethereal figure of the rival standing bright against the darkness of the forest, above the woman’s body. The imbalance between the naturalistic representation of the dead body and the evanescent and grotesque silhouette makes the composition quite awkward and banal. However, the floating figure possesses already the delicate and mysterious charm of the creatures that inhabit the world of Martoglio, whether rivals, brides, chimeras or gorgons.

The interest in this type of mythological figures is a theme dear to the artist. He decides to revive the young sphinx by Felicien Rops, used as a titlepage for Chair (dernières poésies) by Paul Verlaine, and make a copy of it in a small bookplate for Diego De Roberto. The bookplate will be published in 1900 in the volume by De Roberto Poeti francesi contemporanei.The figure of the sphinx will be taken up later, in 1910, in two color variants for the study of a cover of the magazine Novissima. Again, the model is the monstrous woman, half mermaid, half harpy, by Felicien Rops (Non hic piscis omnium, 1876): the creature, with peacock feathers wings, legs as snake coils and feline eyes, the hairstyle of a modern fashionable lady, is perfectly framed in a circle formed by an ouroboros. Esoteric references like this are found in two variants of the same theme: in both of them the sphinx holds a sword to defend the threshold of his realm (Sfinge sul limitare del Mistero).

The watercolor for the cover of Jugend 1905, entitled Alberi solitari takes inspiration from a study by Tadeusz Styka. The shadowy landscape is crossed by calm waters: the two trees reflect their shape on it, and make a counterpoint to the nude in the foreground. It interacts with the landscape in the manner of Böcklin, Von Schennis, Okun. But Arcadia is elsewhere: the colors are deep dark, and once again there is a general feeling of visionary desolation and melancholic lyricism.

Less personal and meditative, but more abstract and graphically responsive to the Art Nouveau style is the second drawing for Jugend, again in 1905, titled Sterne und Brillanten. Anna Maria Damigella chose it for the cover of his monography about Martoglio (L’opera grafica di Giovanni Martoglio, Sellerio Editore, Palermo, 1993), underlining the strong influence that he would have drawn from Nocturne by Lucien Levy-Dhurmer published in February issue of The Studio, 1897. The compositional structure of the two pastels is very similar: the face is in the foreground against the starry sky in the background, crossed by narrow strips of clouds and cypresses. The bright spots of the stars and glitter of gems in the hair make sure that the figure merges with the landscape, physically and spiritually. Yet in Martoglio the expressive result is very different, because the softness of chiaroscuro in Dhurmer’s Nocturne here flattens in the solid line, in the range of plain colors, and in the overall image of the woman, rigid and contained within her fashionable shape.

Visione la Vita, 1893. Acquarello monocromoVisione la Vita, 1893. Acquarello monocromo

Alfred Kubin, The pond, 1905Alfred Kubin, The pound. 1905

, Ultima Visione, 1898 (Dettaglio). China e acquarelloUltima Visione, 1898 (Dettaglio). China e acquarello

Ex libris Diego De Roberto, 1900Ex libris Diego De Roberto, 1900

Félicien Rops, Sphinx, Frontespizio per Chair (dernières poésies), di Paul Verlaine, 1896Félicien Rops, Sphinx, Frontespizio per Chair (dernières poésies), di Paul Verlaine, 1896

Sfinge, 1910. Disegno originale della copertina di Novissima.Sfinge, 1910. Disegno originale della copertina di Novissima.

Félicien Rops, Non Hic Piscis Omnium, 1876Félicien Rops, Non Hic Piscis Omnium, 1876

Due copertine per Jugend, 1905. Acquarello e pastello2Alberi solitari, copertina di Jugend del 1905

Due copertine per Jugend, 1905. Acquarello e pastelloSterne und Brillanten, copertina di Jugend del 1905.

I carboncini (1905-1910)

Il 1905 è un anno importante per Martoglio, perché segna il distacco dalla tecnica dell’acquarello, che lo vincola molto alla minuzia da miniaturista di gusto preraffaellita (Il Miracolo, 1900), alla composizione macchinosa e legata ad un gusto decorativo convenzionale e da cartolina (Eros, 1900), a favore del carboncino. Il bianco e nero gli fornisce da un lato delle capacità espressive che gli permettono di trasformare l’elemento naturalistico in un luogo misterioso, proiettato nel passato; dall’altro lo avvicina alla grafica modernista, e dunque ad una maggiore sobrietà e senso del rigore.

I due disegni di taglio verticale datati 1907, Notte a Parigi e Ergo vivamus, ripropongono soggetti romantici e decadenti. Il notturno parigino costituisce l’evoluzione dell’acquarello Eros: si sdoppia in due registri scanditi da una cornice trilobata nella parte superiore e da due colonnine appena accennate nella parte inferiore. Gli elementi architettonici in controluce posano, umani e misteriosi, sull’eau dormante.
Il soggetto dell’altro disegno, due amanti abbracciati nella cripta dei cappuccini, ha nella pittura dell’Ottocento italiano un precedente in Amore e Morte (1881) di Calcedonio Reina. Il bacio degli amanti avviene al cospetto dei corpi mummificati dei monaci che sembrano sporgersi verso la coppia con curiosità vampiresca, nell’estremo tentativo un po’ impacciato e grottesco di cogliere almeno una particella di quella energia vitale, quella forza cosmica che più non appartiene loro. Un’eco lontana si ritrova in area boema nel disegno a matita di František Kobliha, Il bacio tra i teschi, datato prima del 1910, in cui la coppia, lei bianca, lui nero, forma nella torsione dell’abbraccio alla Munch un’unica figura, quasi una torre, che si erge su una distesa di crani.

Sono datati 1908 due carboncini rappresentanti tematiche idealistiche e rosacrociane: L’ermafrodito e La Sfinge dell’Arte. Il simbolo massonico della comunione tra materia e spirito si erge superbamente in un paesaggio che qui esprime a pieno la teatralità della mitologia martogliana. Gli elementi naturali si stratificano in maniera organica, come la sezione del corpo di una enorme creatura vivente. L’ermafrodito si erge vittorioso come la Gorgone di Sartorio sulla natura cupa, contro il cielo omogeneo, sul baratro di uno stagno senza riflessi. La luce si concentra tutta nelle mani della creatura bianca, pura nel suo dualismo.
Il soggetto dell’artista come un Edipo viandante che si imbatte nella Sfinge dell’Arte viene elaborato con estrema sintesi collocando l’incontro tra i due in un deserto nero, segnato solamente dall’andamento serpentino del sentiero percorso dall’uomo. La Sfinge è un’erma impassibile, ieratica,calma nella rigida immobilità delle cose eterne,  indifferente alla vita, depositaria di un mistero ineffabile. La sua fisionomia deriva dalle sculture di Boleslas Biegas Sfinge e Il Libro della Vita, pubblicate entrambe sulla rivista Emporium del 1903.

Sempre del 1908 è Il Convegno, che fa parte di un progetto di collaborazione ad una edizione illustrata delle novelle di Luigi Pirandello, mai realizzato. Il disegno a china per l’en-tête della novella di Pirandello La vita nuda presenta un assetto compositivo sobrio ed essenziale: una coppia in primo piano, elegantemente vestita, in atto di conversare intimamente, ha alle sue spalle un paesaggio formato da pochi elementi: dalla vicina linea dell’orizzonte sorge la luna piena, tonda e bianca come il cranio del gentiluomo, il quale non è che la morte in persona. Essa, troncatrice del legame vitale, questa volta è qui per costituirlo, consolidarlo, come la stessa protagonista della novella dichiara: “Ho voluto rappresentare chiaramente il simbolo delle nozze. Lo scheletro sta rigido (…) ma di tra le pieghe del funebre paludamento vien fuori, appena, una mano che regge l’anello nuziale. La Vita, in atto modesto e dimesso, si stringe accanto allo scheletro e tende la mano a ricevere quell’anello. La Vita che si sposa alla Morte.”
Il tema della coppia vita-morte si sviluppa, contemporaneamente alla testata, in alcune varianti ad acquarello, a carboncino e in almeno una variante ad acquaforte con ritocchi a carboncino. Il boschetto di cipressi si trasforma in una campagna romana notturna, arida, con i pochi arbusti plasmati dal vento, e una luce surreale e lontana.

La Chimera al teatro di Marionette (1908) e i due disegni per Medusa conquistatrice (entrambi del 1910) concludono il compendio della mitologia martogliana. La Chimera nella eleganza della veste vaporosa guarda fisso oltre le teste delle marionette, appese sul vuoto, con la calma spietata del carnefice. Il contesto è la tenebra indefinita della scatola teatrale, quasi la casa di bambole delle glaciali donne di Stefan Eggeler, per il ciclo Puppenspieler del 1918 e Die Drei Freier del 1922. La Medusa colleziona, con modesta ironia, le teste delle sue vittime come granchi sopra uno scoglio. Essa spicca luminosa e fiammeggiante nel buio, avvolta in un mantello che vedremo ancora riflettersi nelle acque della Conca nel 1913.

La stessa ipnotica delicatezza medusea appare in Ombre antiche. Si tratta di un’opera a tecnica mista, ad acquarello, pastello e carboncino, datata 1909 e pensata per illustrare un passo della Divina Commedia, dal canto IX dell’Inferno, in cui Virgilio protegge Dante dallo sguardo annientatore del mostro, evocato dalle Erinni: “Volgiti ’n dietro e tien lo viso chiuso;/ ché‚ se ’l Gorgón si mostra e tu ’l vedessi,/nulla sarebbe di tornar mai suso.” Ma il contesto in cui il fatto avviene nell’idea di Martoglio è rassicurante: il bosco buio appena accennato protegge invece che atterrire; la figura sanguigna della gorgone si avvicina ieratica e infantile, più ricca di memoria e più umana dei due poeti che non vogliono e non possono guardarla.

A chiusura della serie di carboncini è Notturno, del 1910. Il formato è orizzontale, stratificato. La distesa d’acqua serena su cui si riflette la luna è chiusa in parte dal golfo sottile di una terra senza rilievi, con due luci in lontananza. Il luogo suggerisce per l’uso sognante delle luci certe visioni notturne di Stoccolma di Eugene Jansson, come Gryning över Riddarfjärden, del 1898. Su Jansson e altri artisti nordici la rivista Emporium aveva in quel momento dedicato un importante articolo, e non è escluso che Martoglio ne abbia tratto ispirazione per questo carboncino. Il segno è minuzioso, dettagliato e morbido, soprattutto per delineare la figura umana, sempre luminosa, ma questa volta abbandonata ad un sonno profondo o alla morte. Annotata sul margine di una variante di studio appare la riflessione: “Per sempre –semplice e triste come è la vita. Roma, 9 aprile 1910”.

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The charcoals (1905-1910)

The year 1905 is an important date for Martoglio, because it marks the separation from watercolors, which binds him to the miniaturistic detail of Pre-Raphaelite taste (Il Miracolo, 1900) and to an old decorative and conventional postcard style (Eros, 1900), in favor of charcoal. The use of black and white from one hand allows the artist to transform the natural element in a mysterious place, projected into the past; from the other it brings him closer to the modernist graphic art, and therefore to greater sobriety and sense of rigour.

The two drawings dated 1907, Notte a Parigi and Ergo vivamus, reproduce romantic and decadent subjects. The nocturnal vision of Paris constitutes the evolution of the watercolor Eros: it splits into two registers marked by a gothic frame in the upper part and two slender columns at the bottom. The architectural elements stand mysteriously as black silhouettes on the sleeping water.
The other drawing depicts two lovers embracing in the crypt of the Cappuccini in Palermo. We can find the same theme in the painting Amore e Morte (1881) by Calcedonio Reina. The mummified bodies seem to lean towards the couple with vampiresque curiosity, in a clumsy and grotesque attempt  to seize at least one particle of that vital energy, the cosmic force that no longer belongs to them . A distant echo is found in the Bohemian area in a pencil drawing by František Kobliha, a kiss between the skulls, dated before 1910, in which the couple forms a twisted embrace that reminds Munch. They stand like a tower on a field of skulls.

Two charcoals of idealistic and Rosicrucian themes are dated 1908: L’ermafrodito and La Sfinge dell’Arte. The Masonic symbol of communion between matter and spirit is superbly located in a dramatic landscape that fully expresses Martoglio’s private mythology. The natural elements are layered in an organic way, like sections of the body of a huge living creature. The hermaphrodite stands victorious as the Sartorio’s Gorgon and it shines against the gloomy sky on the brink of a pond without reflections. The light is concentrated entirely in the hands of the white creature, pure in its own duality.
The subject of the artist/Oedipus who as a traveler encounters Art/the Sphinx on its way is the subject of the other charcoal. The meeting takes place in a black desert, marked only by a serpentine white path. The Sphinx is an impassive, hieratic herm; calm in the rigid immobility of eternal things, indifferent to life, guardian of an ineffable mystery. Its dreadful appearance derives from the sculptures of Boleslas Biegas Sphinx and The Book of Life, both published by the magazine Emporium in 1903.

Il Convegno (1908) is part of a collaborative project, never realized, to the illustrated edition of a novel by Luigi Pirandello. The ink drawing for La Vita nuda by Pirandello presents an essential and simple structure: a couple in the foreground, elegantly dressed, is murmuring secretly in a lonely landscape: from the near horizon the full moon is rising, round and white as the skull of the gentleman, which is Death itself. This cosmic force is not here in person to cut the link with Life, as it usually happens; but to make it up, to consolidate it, as the protagonist of the novel says: “I wanted to represent clearly the symbol of the wedding. The skeleton stands rigidly (…) but from the folds of its mourning draping a hand comes out, holding gently a wedding ring. Life, modest and humble, narrows next to the skeleton and offers her hand to get that ring. Life is the bride of Death”.
The theme of the couple Life/Death develops in some variants in watercolor, charcoal, and in at least one variant of etching with finishing touches in charcoal. The landscape varies from the symbolic cypress grove to the countryside at night: arid, with few shrubs shaped by the wind and a surreal and distant light.

La Chimera al Teatro di Marionette (1908) and the two drawings for Medusa conquistatrice (both 1910) conclude the compendium of the artist’s mythological world. The Chimera, elegantly  à la mode in her fluffy dress, gazes over the hanging heads of the puppets with the ruthless calm of the executioner. The setting is the darkness of an indefinite theatrical box, almost the dollhouse of Stefan Eggeler’s glacial little women for the cycle Puppenspieler (1918) and Die Drei Freier (1922). With a certain tender irony Medusa collects the heads of her victims as crabs on a rock. It stands out bright and flaming in the dark, wrapped in a cloak that later in 1913 will be reflected in the waters of La Conca.

The same hypnotic tenderness appears in the gorgon in Ombre Antiche. It is a work in mixed media, watercolor, pastel and charcoal, dated 1909 and intended to illustrate a passage from the Divina Commedia, part IX of Inferno, in which Virgilio protects Dante from the petrifying eyes of the monster, evoked by the Furies: “Volgiti ’n dietro e tien lo viso chiuso;/ ché‚ se ’l Gorgón si mostra e tu ’l vedessi,/nulla sarebbe di tornar mai suso. (Turn thyself round, and keep thine eyes close shut;/ For if the Gorgon appear, and thou shouldst see it,/ No more returning upward would there be)”. But the context in which the event takes place in the idea of Martoglio is quite reassuring: the dark forest protects rather than terrify; the blood coloured figure of the gorgon approaches hieratically and childish, richer of memories and more human than the two poets, who do not want and are not able to look at her.

Notturno (1910) closes the serie of charcoals. The drawing extends in a sequence of horizontal layers. The serene gulf of water on which the moon is reflected looms in a thin stripe of land and two lights in the distance. The atmosphere evokes some dreamy visions of the night lights of Stockholm by Eugene Jansson (Gryning över Riddarfjärden, 1898). On Jansson and other nordic artists the magazine Emporium published at that time an important article, from which it is possible that Martoglio took inspiration for this charcoal. The sign is meticulous, detailed and smooth, especially to delineate the human figure, always bright and shining, but this time dropped into a deep sleep similar to death. Few words are written aside: “Forever -Simple and sad as life is. Rome, April 9th, 1910 “.

Il Miracolo, 1900. AcquarelloIl Miracolo, 1900. Acquarello

Eros, 1900. AcquarelloEros, 1900. Acquarello

Ergo vivamus, 1907. Carboncino e matitaErgo vivamus, 1907. Carboncino e matita

Notte a Parigi, 1906. CarboncinoNotte a Parigi, 1906. Carboncino

L’ermafrodito, 1908. CarboncinoL’ermafrodito, 1908. Carboncino

0711_12Sartorio, La Gorgone e gli eroi, 1890

La Sfinge dell’Arte, 1908. CarboncinoLa Sfinge dell’Arte, 1908. Carboncino

Il Convegno, 1908. CarboncinoIl Convegno, 1908. Carboncino

Studio per Il Convegno, 1908. China e acquarello monocromoDisegno originale dell’en-tête per la novella La vita nuda, 1908. China e acquarello.

La Chimera al Teatro di Marionette, 1908. Carboncino e pastelloLa Chimera al Teatro di Marionette, 1908. Carboncino e pastello

Medusa Conquistatrice, 1910. Carboncino e matitaMedusa Conquistatrice, 1910. Carboncino e matita

Ombre antiche, 1909. Acquarello, carboncino e pastello.Ombre antiche, 1909. Acquarello, carboncino e pastello.

Notturno (Per Sempre), 1910. Carboncino e matitaNotturno (Per Sempre), 1910. Carboncino e matita

Le incisioni simboliste (1912-1916)

Gli anni compresi tra il 1912 e il 1916 sono per Martoglio assai produttivi per quanto riguarda il suo lavoro creativo. La scelta di concentrare le proprie energie nel campo dell’incisione deriva probabilmente dalla necessità di rendere la propria opera molto più divulgabile. Il nome di Giovanni Martoglio compare nella lista degli associati al Gruppo Romano incisori e Artisti, fondato da Federico Hermanin, già soprintendente alle Gallerie e Musei di Roma e direttore del Gabinetto Nazionale delle Stampe.

La continuità con i carboncini del periodo precedente è naturale, come nel caso del Convegno e della Conca. Queste sono anche le ultime, nel gruppo delle incisioni simboliste, a comprendere ancora la presenza sulla scena della figura umana.

La grande acquaforte e puntasecca del 1913 dal titolo La Conca affronta definitivamente il tema della figura femminile. Esistono almeno due versioni incise, facenti capo ad un carboncino dello stesso anno. Il passato ritorna tra i cipressi e gli alberi; questa creatura, incorporea, avvolta in un lungo mantello dalle linee grafiche art nouveau, lo sguardo fisso, assente e allo stesso tempo in preda ad un delirio visionario ed ipnotico, rappresenta un modello polivalente di sfinge-chimera-medusa. Una figura ibrida, un doppelgänger dello stesso Martoglio, riflesso invisibile sulla superficie dell’acqua scura.

Il Convegno del 1914 è il punto di arrivo della coppia vita-morte degli anni 1908-09. Si tratta di un’unica scena: il formato è a trittico, molto  in uso agli artisti romani nei primi anni del Novecento. Qui tutti gli elementi simbolici hanno una luce propria: la figura bianca e allungata della donna e della sua acconciatura; il cielo stellato; l’acqua calma e piena di riflessi; l’architettura sulla collina, che ricalca i modelli monumentali di Otto Wagner, gli studi di Otto Schönthal, le architetture fantastiche di Emil Hoppe, le visioni di Giulio Ulisse Arata; l’alberello dai fiori di luce, nel pannello di sinistra; la lapide marmorea, che con la sua iscrizione funge da memento mori . La parte oscura si concentra nella fascia dei cipressi, incisa uniformemente a linee verticali ed estesa come una scenografia di cartone per tutta l’ampiezza della sequenza. Il dinamismo e l’asprezza della campagna romana dei primi esemplari del Convegno qui è dimenticato. Tutto è statico e posizionato secondo una precisa regia. Un alto grado di sintesi, di astrazione, smorza il pathos. Un velo di ironia atterra l’inquietudine. Tutto è finzione e teatro di marionette.

La figura di luce nelle tenebre del paesaggio è presente in Bosco mistico, acquaforte e puntasecca datata 1912, sotto forma del crocifisso collocato nel fitto del bosco. La solennità del luogo e la presenza del simbolo cristiano trasformano gli alberi, i cui rami filtrano la luce come una vetrata, nei pilastri di una cattedrale. O forse è la presenza stessa del bosco, il luogo delle cerimonie sacre dell’antichità, a conferire forza all’oggetto devozionale.  L’albero e la croce si fondono in un’unica visione; il taglio fotografico, la straordinaria perizia tecnica del mezzo utilizzato, il forte simbolismo del titolo, dalla genesi complessa, mostrano la maturità raggiunta dall’artista e dal suo linguaggio.

La forza evocativa del titolo dell’acquaforte e puntasecca del 1912 Giorni lontani si materializza nello scorcio delle rovine del passato, per metà coperte dalla vegetazione. Le gradinate bianche e vuote sono reali (si pensa siano parte del teatro greco di Siracusa, ma la curvatura delle pietre e la fitta vegetazione a contorno farebbero pensare piuttosto al vicino anfiteatro romano), eppure la vita è altrove, in una dimensione remota. Ogni elemento evoca una memoria, una corrispondenza, uno stato d’animo e la consapevolezza che tutto questo non ritornerà più, se non evocandolo per simboli come formule magiche. Si ha l’impressione che due impercettibili movimenti rotatori ed opposti –la curva del cielo e degli astri data dalle linee parallele ed arcuate e quella dei solchi delle gradinate- si tocchino e oppongano le loro forze, come due vasti continenti.
Natura e rovine comunicano con lo stesso linguaggio nelle opere degli artisti romani con cui Martoglio ebbe maggiori contatti: si ritrovano nel notturno di Raoul Dal Molin Ferenzona del 1909, Porticina segreta, e in certe atmosfere di Umberto Prencipe, nel colonnato di Carlo Alberto Petrucci, nella torre spettrale di Vittorio Grassi.
Due acqueforti dal carattere onirico e malinconico chiudono il percorso simbolista di Martoglio: Cipressi (1913) e Sonno (1916). Nella prima l’occhio è immerso  nello spazio della visione; è invitato ad esplorarne i contenuti, a viverne il mistero: il formato è quasi grandangolare e la distinzione dei piani su cui gli alberi si stagliano segue un ordinato schema compositivo, come all’interno di un diorama. Man mano che lo sfondo si allontana, le sagome si confondono, il nero corposo delle chiome sbiadisce, e i cipressi formano una processione di fantasmi, che si dissolve in un chiarore biancastro. La piccola porzione di stagno e il silenzio delle sue acque si pone tra l’osservatore e gli alberi. Nella seconda acquaforte lo spettatore osserva dall’esterno, come attraverso una vecchia fotografia, la proiezione di un sogno passato, una memoria sbiadita in cui l’elemento acqua circonda in una pozza irregolare la fontana in pietra, ormai asciutta. Gli alberi sono appena accennati in una indistinguibile nera silhouette di rami e chiome scomposte. Il cielo vuoto e troppo vasto ospita l’ombra di un satellite, incorporeo come una nuvola. Il tempo del sogno è finito. Un lungo oblio segue, fino alla fine, avvenuta nel 1933.

“Ce qui est purement factice pour la connaissance objective reste donc profondément réel et actif pour les rêveries inconscientes. Le rêve est plus fort que l’expérience.”
(Gaston Bachelard, La psychanalyse du feu, 1990)

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The symbolist etchings (1912-1916)

The years between 1912 and 1916 are very productive for Martoglio’s creative work. The decision to concentrate his energies in the field of engraving probably derives from the need to present his work to a larger public. The name of Giovanni Martoglio appears among  the members of the GRIA (association of engravers and artists in Rome), founded by Federico Hermanin, former superintendent of the Galleries and Museums of Rome and director of the National Cabinet of Prints.
The continuity with the charcoals from the previous period is evident, as in the case of Il Convegno and La Conca. These are also the last in the group of symbolistic etchings in which the human figure is present as a subject.

The great etching and drypoint entitled La Conca (1913) faces the theme of the female figure for the last time. There are at least two versions deriving from a charcoal of the same year. The past comes back among the dark cypresses and trees; this creature, incorporeal and wrapped in a long cloak with graphic art nouveau lines, looks absent and stares the water in a visionary and hypnotic delirium: it is at the same time sphinx, chimera and medusa. An hybrid figure, a doppelgänger of Martoglio himself, invisibly mirrored on the dark surface of the water.

Il Convegno (1914) reproposes the life-death theme developed in the years 1908-09. It is a single scene: the triptych format is very common among the roman artists in the early twentieth century. Here all the symbolic elements possess their own light: the white and elongated figure of the woman and her hairstyle; the starry sky; the calm water, full of reflections; the architecture on the hill, which is derived by the monumental models of Otto Wagner, the studies by Otto Schönthal, Emil Hoppe’s fantastic architectures, the visions of Giulio Ulisse Arata; the little tree with blossoms of light; the marble plaque as a memento mori. The black colour condenses in the range of cypresses, engraved uniformly with vertical lines and extended as a cardboard scenography. The dynamism and the harshness of the countryside in the first charcoal versions is now forgotten. Everything is static and placed according a precise scheme. A high degree of synthesis, abstraction, dampens the pathos. A veil of irony cancels anxiety. Everything is fiction and puppet theater.

The figure of light in the darkness is the subject of Bosco mistico, etching and drypoint dated 1912.It appears in the form of a crucifix standing in the heart of the forest. The solemnity of the place and the presence of the Christian symbol transform the trees, whose branches filter the light like a stained glass window, in the pillars of a cathedral. Or maybe it is the very presence of the forest, the place of the sacred ceremonies of antiquity, to give strength to the object of devotion. The tree and the cross merge into a common vision; the photografic cut of the point of view, the extraordinary technical skill, the strong symbolism of the title: all these elements show the maturity reached by the artist and his language.

The evocative power of the etching and drypoint titled Giorni lontani (1912) materializes in the ruins of a lost ancient time. The white and empty marble steps are real (maybe part of the greek theater of Syracuse; but the curvature of the stones and the thick vegetation would rather suggest the nearby Roman amphitheater), yet life is elsewhere, in a remote dimension. Each element evokes a memory, a relation, a state of mind and the consciousness that nothing will come back, but symbols like magic formulas. The impression is that two slow, circular and opposite movements -the curve of the starry sky and the arches of the marble steps- touch each other and oppose their forces like two vast continents.
Nature and ruins communicate with the same language in the works of artists with whom Martoglio had more contacts in Rome: we find it in the nocturnal shadows of Raoul Dal Molin Ferenzona (Porticina segreta, 1909) and in certain atmospheres and moods of Umberto Prencipe; in the colonnade of San Pietro by Carlo Alberto Petrucci; in the spectral tower by Vittorio Grassi.

Two oneiric and melancholic etchings mark the end of Martoglio’s symbolist production: Cipressi (1913) and Sonno (1916). In the first one the eye of the spectator is immersed in the space of vision; he is invited to explore its contents, to experience the mystery: the wide-angle size and the different perspectives in the trees follow an orderly scheme of composition, like a diorama. As the background moves away, the shapes are mixed, the silhouettes fade out, and cypresses form a procession of ghosts that dissolves into a whitish light. The small portion of the silent pond arises between the observer and the trees. In the second etching the spectator watches from outside, as through an old daguerreotype, the projection of a dream. A faded memory in which the element of water is the pool surrounding the old dead stone fountain. The trees are only indistinguishable black shapes of destructured branches and foliage. The empty sky hosts the shadow of a satellite, incorporeal as a cloud. The time of dream is over. A long oblivion follows, until the end, in 1933.

“Ce qui est purement factice pour la connaissance objective reste donc profondément réel et actif pour les rêveries inconscientes. Le rêve est plus fort que l’expérience.”
(Gaston Bachelard, La psychanalyse du feu, 1990)

La Conca (Ritorno), 1913. Acquaforte e puntaseccaLa Conca, 1913. Carboncino

Il Convegno, 1914. Acquaforte e puntaseccaIl Convegno, 1914. Acquaforte e puntasecca

Bosco mistico, 1912. Acquaforte e puntaseccaBosco mistico, 1912. Acquaforte e puntasecca

Giorni Lontani, 1912. Acquaforte e puntaseccaGiorni Lontani, 1912. Acquaforte e puntasecca

Cipressi, 1913. Acquaforte e puntaseccaCipressi, 1913. Acquaforte e puntasecca

Sonno- Villa romana, 1916. Acquaforte e puntaseccaSonno- Villa romana, 1916. Acquaforte e puntasecca

 


Sicilian born, architect, interested in late nineteenth century Symbolist art.

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