Villa Miralfiore, Pesaro

 

Villa Miralfiore a Pesaro è privata, ma il suo proprietario Vittorio Livi è un imprenditore illuminato. Ha 17 anni quando si licenzia dallo stabilimento in cui lavora e decide di mettersi in proprio e dedicare la sua vita al vetro. Nel 1973 fonda la Fiam, che diventerà l’azienda più importante al mondo nella produzione di cristallo curvato. La sua idea è quella di partire da un sapere artigianale della materia, per arrivare a creare oggetti d’arredo tutti completamente fatti in vetro.

Storia della villa

Nel 1993 la Fiam acquista Villa Miralfiore al centro di Pesaro e allora quasi completamente in rovina. Si tratta di una villa di origini antiche: agli inizi del 1400 era di proprietà di Malatesta di Malatesti, figlio di Pandolfo II e senatore di Roma; fu lui che per primo la trasformò in luogo di villeggiatura. Alla metà del secolo passa di proprietà e fu acquistata da Francesco Sforza, duca di Milano. Nel 1513 la signoria di Pesaro passò a Francesco Maria I, duca di Urbino e nipote di Papa Giulio II della Rovere. Fu lui che cominciò ad abbellire la villa e i giardini, opera che continuò suo figlio Guido Ubaldo II della Rovere. E’ il momento di massimo splendore della villa: vengono ampliati gli spazi e i viali, a cura dell’architetto pesarese Filippo Terzi, al fine di trasformarla in una residenza di corte; vengono realizzati gli affreschi delle cinque stanze al primo piano ad opera dei fratelli Taddeo e Federico Zuccari.

Per una serie di vicende la villa passa dai della Rovere ai Medici, i quali continueranno l’opera di abbellimento e mantenimento. Con l’estinzione della famiglia Medici nel 1756 la villa passò nelle mani della Santa Sede e da qui passò agli Albani. Inizia un periodo di decadenza: la villa fu via via spogliata degli arredi interni, le sale dipinte furono adibite alla coltura dei bachi da seta e quelle al piano terra a magazzini del grano; molti spazi esterni vengono modificati e espropriati. Per un breve periodo, durante gli anni’10-’20, la villa passò nelle mani dei Conti di Castelbarco Albani, ai quali si deve un tentativo di restauro. Fu chiamato il noto restauratore dell’epoca prof. Luigi Cavenaghi, al quale furono affidati gli affreschi. E’ in questi anni che fu installato nella villa il primo ascensore di Pesaro, tutt’ora esistente e funzionante.

Tra i danni del terremoto del 1916 e quelli della guerra, la villa subì ulteriori menomazioni. In particolare fu occupata dai soldati alleati, fu bombardata e si persero per sempre le grandi tele settecentesche con i mappamondi cinesi.
La famiglia Livi acquistò la villa direttamente dalla famiglia Castelbarco Albani i quali, prima della consegna, trasferiscono in altra loro proprietà quel poco rimasto dai numerosi furti avvenuti quando il complesso era rimasto incustodito.
La villa sarebbe andata sicuramente incontro ad una rovina totale se Vittorio Livi non avesse iniziato un’opera di recupero degli spazi. Oggi la villa è completamente ristrutturata ed è diventata spazio abitabile che serve anche da luogo di rappresentanza, showroom e futuro museo.

Le stanze 

Gli affreschi nelle stanze del primo piano sono sicuramente la cosa più preziosa. Livi mi racconta che in alcuni punti le piante avevano staccato gli affreschi dai muri, affreschi attribuiti ai fratelli Zuccari. Si tratta di cinque stanze completamente ricoperte da grottesche di straordinaria varietà, databili alle seconda metà del XVI secolo. Il restauro ha riportato alla luce in modo eccellente il colore e la vivacità dei disegni, grottesche infinite che inquadrano scene di paesaggio, di mano probabilmente fiamminga, e gli emblemi rovereschi delle imprese di Federico d’Urbino e dei suoi successori. Si nota, nella sala più grande, la pianta pentagonale della città di Pesaro, di anonimo secentesco, in cui la Villa Miralfiore era ancora isolata e lontano dal centro. Al restauro Livi ha aggiunto qualcosa di nuovo: come integrare due cose tanto lontane come gli affreschi di fine cinquecento e arredi di design di fine novecento? La risposta è ancora il vetro: lungo tutte le stanze corrono dei basamenti di specchi sui quali sono stati posti gli arredi Fiam. L’accostamento è tanto ardito quanto riuscito, gli specchi moltiplicano gli affreschi, il vetro si alleggerisce e diventa pura trasparenza, un caso di perfetta fusione tra antico e contemporaneo.

La stessa cosa accade al piano terra. Qui poche e grandiose stanze servono da spazio di rappresentanza dell’azienda. I muri erano originariamente coperti di stoffe, che al momento dell’acquisto della villa erano ormai lacere. Livi le ha fatte staccare e ha trovato le pareti percorse dalle striature del tempo, che ha deciso di lasciare. Testimonianza di storia, le pareti si mostrano nella dignitosa luminosità che il decadimento ha dato loro, con l’unica eccezione degli affreschi con conchiglie negli emicicli in alto. Tutto il resto è sapiente e leggerissimo incontro tra arredi in vetro Fiam e pochi altri elementi tra cui, nella stanza più grande, la serie di dipinti di Carlo Maratta.

Spazio Miralfiore, un museo del vetro

La villa possiede anche un meraviglioso giardino, diviso in più parti che, viste dall’alto, rivelano l’intricato disegno di un labirinto. Al centro si trovano fontane, vari tipi di alberi, tra cui un ginkgo biloba che in autunno perde foglie giallo squillante, piccole concrezioni di conchiglie e anche un cappellina, datata agli inizi del novecento e decorata in stile medievaleggiante. Anche questa è stata ristrutturata per volere di Livi, che ne ha anche ordinato la riconsacrazione.

Il giardino ha un’agrumaia, in cui sono esposti gli ultimi progetti della Fiam, e una scaletta a chiocciola in ferro di epoca liberty che porta in cima ad una torretta. L’agrumaia, collegata alle serre per ora vuote, formerà il percorso del museo che Livi sta allestendo. In quelle che erano le scuderie sono già esposti i pezzi storici della Fiam, quelli in collaborazione con artisti e designer quali Munari, Isgrò, Pomodoro, Baj, Mariani, Fuksas, Starck e ai quali si aggiungono quelli che lui stesso ha disegnato. Tra questi mi colpisce il tavolo “Paolo e Francesca”, dove i due innamorati si incontrano nelle sagome del profilo della base di un tavolo.

L’idea di Vittorio Livi è di farne un museo del vetro, si chiamerà Spazio Miralfiore e sarà l’unico museo al mondo dedicato al vetro curvato. L’idea del museo è di Livi, è lui che ha voluto raccogliere la storia del marchio, che è insieme una storia del design italiano degli ultimi decenni del Novecento e, possiamo dire, anche la storia della sua vita. Da sempre appassionato creatore e in costante dialogo con gli artisti, mi dice che ciò che gli piace di più è inventare con il vetro. La sua ultima creazione è il crocifisso “Gesù, energia del mondo”, che ha consegnato in dono a Papa Francesco il 31 Ottobre di questo anno. Formato da 260 blocchetti di vetro tagliati a mano e rappresentati i popoli del mondo uniti nel segno di un Cristo fatto a specchio, segno di luce e purezza, verrà presto trasferito nella cappellina privata della villa.

La villa è oggi privata e disponibile per eventi.
Per informazioni: Fiam Italia 

Processed with VSCOcam with hb1 presetio sul tavolo Atlas, in alto gli affreschi degli Zuccari

Piano terra:

DSC_0896Papa Clemente XI, al secolo Giovanni Francesco Albani

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DSC_0903modila collezione Mini

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Le stanze degli affreschi:

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DSC_0909Guido Ubaldo II della Rovere

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DSC_0916l’affresco rappresentante la città di Pesaro intorno al ‘600

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IMG_5521Tavolo Atlas

Spazio Miralfiore:

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DSC_0893Tavolo Paolo e Francesca, Vittorio Livi

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I giardini:

DSC_0880mol’agrumaia

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DSC_0884scaletta liberty dentro l’agrumaia

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DSC_0870fontana rocaille

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DSC_0849la cappella

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DSC_0935i giardini dall’alto

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DSC_0886l’albero del Ginkgo Biloba

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Aesthete. Art historian & blogger. Content creator and storyteller. Fond of real and virtual wunderkammer. Founder and main author of rocaille.it.

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