San Lazzaro degli Armeni, Venezia

Dove: Isola di San Lazzaro degli Armeni, 30170, Venezia 
Orari visite: ogni giorno alle ore 9,45; alle 13,45 e alle 17,45 
Contatti: visite@mechitar.org (non hanno un sito, ma solo la pagina facebook
Da sapere: l’isola è raggiungibile con il trasporto pubblico (ACTV) con la linea 20 alla fermata “S.Zaccaria” che ha tre partenze al giorno (9,30; 13,30; 17,30). 
C’è un’offerta minima di 8€, la visita è sempre guidata e dura circa h 1,30. 

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San Lazzaro degli Armeni è un’isola monastero di soli 7.000 m². Situata ad appena 3 kilometri da Venezia, solo un traghetto ne assicura la raggiungibilità. Il monastero è luogo di pace e di distacco dal mondo, casa madre dell’ordine dei Mekhitaristi, una congregazione cattolica di formazione recente. Si chiamano così perché l’ordine religioso è stato fondato nel XVIII secolo da Mechitar, un monaco benedettino armeno. 

Il monastero è anche un museo che, oltre le sue preziose biblioteche, racchiude moltissimi oggetti preziosi e non, provenienti un po’ da tutto il mondo, donati nei secoli alla comunità, tra cui anche una mummia egiziana. 

Chi è Mechitar

Mechitar, nato nella Piccola Armenia nel 1676, divenne monaco a 15 anni entrando nel convento di Surb Nshan. Da subito è insofferente all’attività monacale armena e entra presto in contatto con la cristianità occidentale, attraverso un missionario gesuita. Mechitar non accetta la divisione storica con la chiesa di Roma, fondata sulla visione monofisita della chiesa armena, e cerca di favorire il rientro nella chiesa cattolica. 

Iniziano così i suoi viaggi di approfondimento e conoscenza, prima a Roma, poi a Costantinopoli dove, con una decina di discepoli, inizia una vita comunitaria orientata alla predicazione e alla pubblicazione di scritti, consacrando la comunità al Signore con la protezione della Vergine, ponendo così le basi per la fondazione del suo ordine. La sua attività però inizia ad essere malvista, sia dalla chiesa d’origine, sia dalla maggioranza musulmana. Sono così costretti a spostarsi a Modone, nella penisola di Morea (odierno Peloponneso), a quel tempo sotto controllo della Serenissima.

Mechitar prosegue l’avvicinamento verso la chiesa cattolica presentando al papa Clemente XI la domanda d’approvazione dell’Ordine, cosa che avverrà effettivamente nel 1711. Nel frattempo, la permanenza sull’isola, gli permette di conoscere importanti uomini politici veneziani come il futuro doge, allora ammiraglio, Alvise Sebastiano Mocenigo ed Angelo Emo, governatore di Morea. 

Non appena la situazione si fa difficile e la Grecia viene minacciata dai turchi, nel 1715 l’Ordine migra a Venezia e nel 1717 si stanzierà definitivamente sull’Isola di San Lazzaro.
Mechitar è ancora oggi considerato il pioniere della rinascita della letteratura armena in lingua classica, in particolare per aver composto un’edizione della Bibbia nel 1735, ed aver compilato un Dizionario di armeno nel 1749, anno della sua morte.

La storia del monastero: da lazzaretto a centro culturale armeno

Per conformazione, il luogo si presta molto bene alla reclusione o alla quarantena. Nell’ IX secolo, infatti, era stato scelto come sede dei benedettini di Sant’Ilario ma poi, nei secoli successivi, fu utilizzato come lebbrosario. E’ a questa funzione che deve il nome di Lazzaro, da lazzaretto (lebbrosario). Nel ‘500 fu usato come alloggio per malati e poveri e nel secolo successivo fu rifugio per i domenicani espulsi da Creta, dopodiché il luogo rimase disabitato e abbandonato. 

Quando nel 1716 Mechitar visitò l’isola, capì che era il luogo perfetto per stabilire il suo ordine religioso e convinse la Repubblica di Venezia a donare l’isola ai monaci armeni in fuga dai turchi. L’obiettivo di Mechitar, oltre che restaurare i vecchi edifici e costruirne di nuovi, recuperando i terreni circostanti per trasformarli in un accurato giardino, era quello di trasformare l’isola in un centro di cultura e scienza, destinato a mantenere in vita la lingua, la letteratura, le tradizioni e i costumi del popolo armeno.

Fu così che nel 1789 venne aggiunto un nuovo padiglione per ospitare la prima piccola tipografia: in questo modo i monaci non dovevano più ricorrere alle tipografie veneziane e potevano diffondere autonomamente la lingua e la cultura armena, con una macchina da stampa poliglotta, che produsse lavori in 38 lingue e dieci alfabeti. Poco dopo, tra il 1823-25, Mechitar fece allestire anche una biblioteca. Tutt’oggi A San Lazzaro degli Armeni sono conservati circa 170.000 volumi, di cui 4.500 manoscritti, ma anche molti altri manufatti arabi, indiani ed egiziani, tra cui una mummia egizia datata al VIII secolo a.C (mummia di Nehmeket ). 

Il monastero divenne un centro fondamentale per gli studi armeni, dando ospitalità agli eruditi e agli allievi armeni. Anche Lord Byron vi si recò per studiare la lingua nel 1816 e vi rimase per due anni, prima di partire alla volta della Grecia a combattere per l’Indipendenza dai Turchi. Grazie a questa fiorente attività culturale, la comunità armena e i suoi edifici furono risparmiati durante l’invasione napoleonica: nonostante Napoleone avesse dato ordine di abbattere tutti i monasteri di Venezia, il 17 agosto del 1810, con provvedimento firmato e consegnato ai Padri alla vigilia della festa della Natività di Maria, decretò di preservare la comunità dei monaci armeni, in quanto il monastero venne considerato a tutti gli effetti un’accademia di scienze e pertanto poteva godere della protezione dell’Imperatore. 

Oggi

Con la Restaurazione, nel 1814, l’imperatore austro-ungarico Francesco I, continuò con la politica di protezione nei confronti del monastero e decise di cedere un pezzo della Laguna agli armeni. A metà del Novecento, sotto l’Abate Serafino, ci sarà l’ultimo ampliamento della comunità armena, così da raggiungere gli attuali 30 000 m².

Oggi l’isola è uno dei primi centri al mondo per la cultura armena, aperto alle visite ogni giorno. I monaci coltivano nel giardino del convento molti rosai, che vengono utilizzati per produrre la vartanush, una marmellata di petali di rosa che si può acquistare nel bookshop del museo. 

FONTI:
Beni Culturali
Wikipedia

CHIESA

L’attuale chiesa fu eretta su un vecchio edificio preesistente del XII secolo. Il tetto dritto fu sostituito con un tetto a volta e i pilastri di pietra con colonne di marmo rosso. Le vetrate policrome delle finestre sono moderne: quella nel mezzo rappresenta San Lazzaro; quella di destra San Mesrop Mashtots, inventore dell’alfabeto armeno; quella di sinistra Sant’Isacco.
Ai piedi dell’altare maggiore riposa il fondatore e primo abate, Mechitar. Lo mostra una lapide marmorea che riporta un’iscrizione armena.

IL MONASTERO E IL MUSEO

Tramite una scaletta si accede al piano superiore in cui da una parte vivono i monaci e non è accessibile al pubblico, dall’altra inizia il percorso museale. Qui è possibile ammirare una parte degli oggetti acquisiti o donati nei secoli alla Congregazione Armena: reperti archeologici provenienti da ogni parte del mondo come ad esempio alcuni ushapti (statuette egiziane di valore apotropaico), terrecotte antiche, ceramiche e oggetti d’arte orientale come la Palla di Canton, pezzo unico d’avorio nel quale furono ricavate 14 sfere concentriche.

In una piccola sala del museo è conservata la mummia egiziana di Nemen Khet Amen, risalente al VII secolo e considerata una tra le meglio conservate al mondo, completa di sarcofago. Nella stessa sala è esposto un trono principesco indiano in legno di tek decorato a tarsie eburnee.

La pinacoteca ospita numerose opere di pittori armeni quali Hovhannes Aivazovski (1817-1900) e Harutiun Ajemian (1904-1965).
Sul soffitto della biblioteca più antica si può ammirare lo splendido dipinto del Tiepolo che raffigura un’allegoria della Giustizia.
Nella sala dedicata all’arte e storia armena sono conservati alcuni importanti reperti bronzei, numerose ceramiche, argenterie in gran parte di uso liturgico ed altri cimeli e oggetti di interesse storico della civiltà di Urartu, antica popolazione armena.

la pinacoteca

la mummia egiziana di Nemen Khet Amen trono indiano in legno di tek decorato a tarsie eburnee un ritratto di Lord Byron

LE BIBLIOTECHE

Le sale adibite a biblioteche sono varie, quella moderna a pianta circolare, e quella più antica, realizzata nel 1740 da Mechitar con il soffitto affrescato da Tiepolo e tappeti armeni sul pavimento. Tra i testi conservati, oltre alla più ampia raccolta di periodici e giornali armeni che esista, segnaliamo la collezione di testi di archeologia, donata dal ministro egiziano Artin Cerakian ai primi del Novecento, tra cui due edizioni originali della Description de l’Égypte, opera monumentale che segna la nascita dell’archeologia moderna promossa da Napoleone durante la campagna d’Egitto. 

soffitto dipinto dal Tiepolo con una raffigurazione dell’allegoria della Giustizia alcuni manoscritti antichi Padre Komitas fu un religioso, compositore, musicista e musicologo armeno. Viaggiò di paese in paese trascrivendo i canti popolari della tradizione orale armena, facendola sopravvivere al genocidio. Morì in una clinica psichiatrica parigina.


Aesthete. Art historian & blogger. Content creator and storyteller. Fond of real and virtual wunderkammer. Founder and main author of rocaille.it.

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