Luigi Conconi

foto: Luigi Conconi in his studio by E. Sommariva, about 1915

Come molti altri artisti italiani dell’ottocento, di Luigi Conconi si è persa la memoria. Non possiamo certo dire che fu determinante per i successivi sviluppi della storia dell’arte, ma proprio per il suo essersi rivelato un personaggio secondario e per questa mia mania di interessarmi alle cose inutili e dimenticate, mi è sembrato ancora più urgente dedicargli un breve articolo. Premetto che le poche notizie che sono riuscita a trovare su internet non sono sufficienti a ricostruire interamente la sua carriera, ma quasi tutti i cataloghi sono fuori stampa e introvabili nelle biblioteche. Ho potuto leggere solo gli articoli su Emporium e la voce del Dizionario Biografico degli Italiani, oltre che ovviamente vedere riproduzioni di  sue opere. Quello che però mi ha spinto a parlarne sono state le fotografie del suo studio.

Vita

Luigi Conconi nacque a Milano nel 1852 da una famiglia patrizia. Suo zio, Mauro Conconi, era pittore ma morì trentacinquenne quando lui aveva otto anni e di certo non fece in tempo a trasmettergli la passione per la pittura. Dove cercare dunque le origini per una passione così sincera, per una “una fantasia ricchissima e infrenabile, un organismo nuovo che non ha e non ha mai avuto nella storia dell’arte lombarda e italiana alcuno che gli abbia assomigliato…” ? Così lo descrive il Martinelli [1], che corregge di poco la sua enfasi specificando poi che se pur esistano sicuramente “artisti che hanno maggiore profondità di sentimento e più acuta vista pittorica … non vi è alcuno che lo superi in fantasia e in bizzarria”. Appare infatti abbastanza eccezionale un personaggio come Luigi Conconi in una Milano scapigliata di metà ottocento, non tanto per bravura sopraffina, quanto per i soggetti e le tematiche, poco viste e poco diffuse allora in terra italica. Ma seguiamo da vicino la sua formazione, abbastanza prevedibile a dir la verità e perfettamente in linea con i dettami degli artisti ufficiali dell’epoca.

Il ritratto di Mauro Conconi 1840

Terminati gli studi classici si iscrisse all’Accademia di Brera dove seguì i corsi di architettura. Passò poi al Politecnico dove, ironia della sorte, seguì i corsi di matematica di Luigi Cremona, fratello di Tranquillo, che tanta importanza avrà nella formazione pittorica di Luigi. Sono anni importanti: è durante questo periodo che stringe amicizia con Guido Pisani Dossi e Luca Beltrami, suoi compagni al Politecnico che resteranno suoi sostenitori fino alla di lui morte. Intorno al 1870 conosce personalmente Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni che lo influenzeranno tecnicamente per l’uso del colore vaporoso.

from the left: Luigi Conconi, Guido Pisani Dossi, Giachi ed Emilio Praga

Nel 1874 ottiene il diploma di architetto, un titolo che gli servirà poche volte, come vedremo, ed inizia a sperimentare nuovi linguaggi artistici: nel 1877 collabora alla edificazione di Palazzo Turati a Milano; allo stesso anno risale la sua prima opera pittorica “Giovinetta Malata” dove è facile riconoscere la stessa tematica del maestro Cremona. Sempre al 1877 è databile la sua prima acquaforte “Palazzo Marino” che verrà esposta al Salon parigino. Quest’ultima è, tra le tre prove artistiche in cui si cimenta nello stesso anno, sicuramente la più personale e quella che ottenne più successo di pubblico. Fu però un momento di importante presa di coscienza, l’acquaforte era decisamente una tecnica che gli piaceva, forse più della pittura, nella quale ottenne sempre non brillantissimi risultati.
Il successo come acquafortista continua e viene ribadito nel 1880 con opere come La casa del mago, Aria e sole, Ombra, Luce etc… che avranno molto successo di critica e verranno esposti a Brera nello stesso anno. Senza abbandonare anche le altre attività, sempre tra il 1879 e 1880, realizza le sue prime opere in pittura a olio (Ragazzi in giardino, Ritratto di Primo Levi) che mostrano un’interpretazione dei modi del Cremona e del Ranzoni, da cui prende soprattutto la tendenza alla fusione tra figura e atmosfera, più sentimentale che verista. Non era isolato nella vita artistica milanese: nel 1881 entra a far parte della Famiglia Artistica e l’anno successivo fondò con Alberto Pisani Dossi, fratello di Guido, Carlo Borghi e Luca Beltrami il settimanale “Guerin Meschino” al quale collaborò per anni come illustratore e addirittura disegnatore umoristico.
Paradossale che Conconi non ottenesse invece alcun successo nel campo in era accademicamente preparato. Come architettetto, infatti, vide rifiutarsi tutti i progetti presentati ai concorsi pubblici. Amareggiato dai continui rifiuti decise di rinunciare alla partecipazione di qualsiasi altro progetto, cosa che poi non mantenne. L’unica opera architettonica completata dal Conconi è la villa, vicino Como, progettata per il suo amico Guido Pisani Dossi.

Luigi Conconi, 1895

Già dal 1885 divideva lo studio con Gaetano Previati, pittore ai limiti del simbolismo, che influenzò soprattutto nel campo della grafica. In questi anni dipinge Madonnina, Studio, e negli anni ’90 una serie di quadri “Fiabe e Leggende” con soggetti tratti dal Decamerone di Boccaccio. Opera grafica degli stessi anni è invece il progetto per una raccolta di acqueforti che sperava di pubblicare e che avevano come frontespizio “Lo Scorpione”.
Nel 1897 si sposa con Eugenia Dal Co, pittrice, e Conconi inizia a preferire incarichi più duraturi come l’insegnamento o incarichi diplomatici e di rappresentanza civica.
Non per questo smette di coltivare le sue passioni artistiche: nei primi anni del 1900 produce una serie di ritratti commisionategli da enti pubblici come “La signora Mantegazza” o alcuni paesaggi come “Variazioni di mezzanotte” del 1909 e oggi alla GNAM di Roma.
Negli ultimi anni partecipa ad alcuni concorsi come acquafortista ma viene bocciato, vinse solo quello del 1915 indetto dall’Associazione degli incisori e acquafortisti italiani, ma a pari merito con Carlo Agazzi, Enrico Vegetti e Cesare Fratino. Morì due anni dopo, nel 1917 dopo una lunga malattia.

Fonte: treccani.it

The Studio: 

Figura eclettica e sperimentatore di varie tecniche espressive, si mosse in seno al gruppo della Scapigliatura. Conconi, che era architetto, svolse sempre in parallelo tre attività: architettura, pittura e acquaforte. Alla prima dovette rinunciare a seguito degli insuccessi; la seconda non si rivelò così adatta alla sua immaginazione; la terza infine sembrò perfettamente adattarsi agli eccessi della sua fantasia. Ma le tre cose non erano disgiunte e tutte derivavano dalla stessa mente visionaria, che traeva ispirazione dagli oggetti strani e bizzarri che affollavano il suo studio, sito a Palazzo Spinola, via S. Paolo a Milano.

Rimando alle parole del Martinelli [1] la descrizione: “Dal soffitto pendono pipistrelli morti polverosi e secchi; sui muri, sugli stipiti delle porte si disegnano paurose e ghignanti le mummie di gatti e di puzzole disseccate sui tetti; lungo le pareti, su tavoli pelli di lucertola, ramarri, sorci, rane, insieme a teschi funebremente bianchi, civettoni, gufi e negli angoli i più strani ghiribizzi che mania di collettore abbia potuto accumulare nelle richerche delle tombe etrusche e negli scavi preistorici … Un orologio col quadrante dipinto a teschi e coi pesi a foggia di osso di morto e di mummia di pipistrello è stato poi riprodotto in una delle sue acqueforti.” Le stesse cose noi oggi possiamo ancora vedere attraverso le foto che scattò del suo studio il fotografo Emilio Sommariva nel 1918, appena dopo la sua morte. E’ evidente “un gusto specialissimo per tutto quanto sa di macabro, di orrido, di infantilmente pauroso”[1], lo stesso gusto che ritroviamo nelle sue acqueforti.

Pictures source: lombardiabeniculturali.it

mummified cats

Statue: The Garibaldino by Grandi. Paintings: The Love declaration (la dichiarazione d’amore); Boccaccio’s novel; The House of the Magician

skeletons, taxidermy animals; old scroll

Villa Pisani-Dossi’s model

Painting: “Leaving for Quarto”

Luigi Conconi’s studio

Luigi Conconi’s studio

Model of Cavallotti’s tomb and project for Palazzo del Parlamento

Architetto

Nonostante si sia poi interessato ad altre attività, Luigi Conconi ha un titolo accademico: è architetto e l’architettura fu l’interesse principale della sua giovinezza, il mezzo attraverso cui sperava di realizzare i suoi sogni fantasmagorici. Abbastanza paradossalmente però come architetto non lavorò mai, tutti i progetti che presentò per concorsi ufficiali gli furono sempre bocciati: il monumento delle cinque giornate a Milano, quello a Vittorio Emanuele II a Roma, un progetto per la divisione in lotti di un’area del foro Bonaparte a Milano e poi ancora il progetto per il monumento di Dante a Trento e quello per il principe Amedeo a Torino.

A parte la collaborazione, in età giovanile, per la facciata di Palazzo Turati a Milano, Conconi riuscì a realizzare solo un’opera architettonica e cioè la villa, vicino Como, del suo amico Guido Pisani Dossi il quale gli lasciò carta bianca. Un lavoro abbastanza tardo in realtà, realizzato quasi interamente nel 1897 e concluso poi l’anno successivo dall’architetto Perrone, che modificò solo in parte il disegno originario di Conconi. E’ in questa villa che espresse tutte le sue opinioni in materia architettonica e il gusto, palesemente eclettico, decorativo fino alla ridondanza, massiccio e simbolico al tempo stesso.

pictures sources: here and here

Acquafortista

Palazzo Marino, etching, 1877

Quasi per dar visione ai suoi sogni irrealizzati, Conconi si butterà sull’acquaforte che, a lungo andare, preferirà alla pittura. La sua prima prova è “Palazzo Marino” , del 1877, che verrà esposta al Salon parigino. Con uno stile diverso, ma di uguale potenza espressiva, negli stessi anni lavora anche Rodolphe Bresdin, al confronto del quale Conconi non sfigura. Palazzo Marino doveva essere solo una delle 40 acqueforti di un testo dedicato a P. Marino che l’artista aveva ideato insieme a Guido Dossi Pisani e che nessun editore accettò di pubblicare. Seguirono a breve distanza anche L’Arco di Tito, La casa del Mago, Aria e Sole, Ombra, Luce etc… E’ nell’acquaforte che Conconi scatena la sua forza fantastica perché se la pittura evocava, l’acquaforte trasfigura. Ad esempio “La Casa del Mago” altro non è che l’interno dell’antichissima chiesa di San Vincenzo in Prato a Milano quando, per un periodo, fu trasformata in una officina di prodotti chimici.

La potenza di Conconi acquafortista sta nella trasfigurazione. Ecco dunque il dettaglio di “Palazzo Marino” che quasi non si riconosce, talmente analizzato nel particolare da diventare un dettaglio irriconoscibile, straniato dalla visione d’insieme. La stessa cosa avviene nell’ “Arco di Tito”. Luca Beltrami [2] ce ne racconta la genesi: i due ancora studenti effettuarono un viaggio di istruzione per le varie città italiane, tra cui anche Roma. La rovina antica, vista da Conconi, perde tutta la sua concretezza per diventare anfratto irriconoscibile. Il dettaglio del fregio consumato è ingrandito a dismisura tanto da diventare maggiore rispetto all’arco stesso.

Imagines source: mattiajona.com

The Arch of Titus in Rome, etching, 1876

The House of the Magician, etching, 1880

The contemplative life or A self-portrait as a shadow, 1888

L’Onda, etching, 1896

Ebrezza, etching, 1888

Blackcap (or Sad Moment), etching, 1889/Gelosia, etching, before 1892

Repented, etching, 1886/ A view on the world, etching

Delusion, etching

Notturno, ante 1902

Loneliness, etching 1879/A landscape with bushes and clouds, black chalk and wash, Black chalk, pen and black ink

Psalmodies, etching, 1888

La Simona, etching, 1884

?/Portrait of a Woman, etching

Le Parlate d’Amore, etching/A Toad, etching, 1888

Knave of Cups and Knave of sword, etching

The Confession (Casus Gravis), etching, before 1896

Self Portrait, 1879, etching

Ruit Hora !, etching, 1893-6/same clock in his studio

Pittore

Pensieri (disegno) 1878 – 1888

La pittura è il mezzo con cui si esprime meno fluidamente. E’ pur vero che poche sue opere sono visibili online (e le riproduzioni che ho trovato sono pessime) ma sicuramente non raggiunge quei livelli di invenzione come nell’acquaforte. Si ha la sensazione che la pittura, specialmente a olio, sia sempre incompleta, come abbozzata, forse per lui troppo definita? Come ricorda Martinelli [1], Conconi lasciava spesso molte bozze di disegni , idee sempre nuove facevano abbandonare disegni più vecchi che così rimanevano incompiuti e si accatastavano nel suo studio. Tant’è che lo stesso Martinelli ammette che non saprebbe “indicare quale opera grandiosa abbia egli fatto e quale sia veramente il suo capolavoro”.

In generale non si distacca molto dalla lezione dei maestri, ma è anche vero che non ha i loro interessi, lui non cerca di unire il sentimento con la resa del vero: “il fatto è che a lui il vero non interessa più… quello che a lui preme è la visione”[1]. Ecco dunque che la pittura non è il mezzo più adeguato per fermare su carta le sue visioni, i colori le renderebbero eccessivamente marcate, reali.

La sorellina Annetta, 1880

Disegno di bambina 1901

Coppia danzante 1888 (Ispirato al libretto di Luigi Illica per la “Wally” di Alfredo Catalani)

Dal terrazzo, 1887, acquarello su carta

Figura di donna

La rosa, 1910/ Visione romantica 1887

Country scene from the Decameron, watercolour, 1888

Concertista precoce (1896-97)

?/Ritratto di Ada Vadata

Signora col cane detto anche Ritratto della signora Torelli (1901) / Ritratto di Ada Valdata

Sources/Fonti:

[1] G. Martinelli, Artisti contemporanei: L. C., in Emporium, V (1897), pp. 8 s.

[2] L. Beltrami, L’anima e lo studio di un pittore (In mem. di L. C.), in Emporium, XLVIII (1918), pp. 115-123

[3] Luigi Conconi in Dizionario Biografico degli Italiani – Volume 27, voce a cura di Anna Cambedda


Aesthete. Art historian & blogger. Content creator and storyteller. Fond of real and virtual wunderkammer. Founder and main author of rocaille.it.

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